S. MARIA CAPUA VETERE – Non è solo lo scontro tra le due bande delle palazzine popolari, in lotta per la gestione dello spaccio di droga, a creare tensione in città. Ci sono anche le possibili conseguenze del pestaggio che lo scorso dicembre è andato in scena in piazza Adriano, a pochi passi dall’Anfiteatro. I ragazzi che avrebbero ridotto in fin di vita un 16enne albanese e malmenato il fratello sono stati arrestati dalla Squadra mobile di Caserta e dagli agenti del locale commissariato, coordinati dalla Procura di Santa Maria Capua Vetere. Ma questo potrebbe non bastare a rasserenare la situazione. Gli investigatori, infatti, temono una reazione di personaggi a cui sono legate le vittime selvaggiamente aggredite la sera dello scorso 24 dicembre. Si tratta di soggetti che, alcuni direttamente, altri indirettamente, sono connessi alla criminalità albanese, compagine che negli ultimi anni si è radicata con forza nell’hinterland sammaritano (approfittando del vuoto lasciato delle organizzazione mafiose italiane) diventando uno dei principali fornitori di droga dell’area (per le vendite all’ingrosso e al dettaglio). Se questi soggetti potrebbero reagire è per motivi, però, che vanno oltre (e poco c’entrano) con contrasti tra gruppi criminali, con il business conteso della droga. Se, presto o tardi, cercheranno di rispondere al pestaggio è soprattutto per cultura: uno dei principali codici di diritto consuetudinario albanese, il Kanun, che si tramanda oralmente, fissa proprio il dovere di vendicare chi ha colpito un proprio consanguineo colpendo la persona autrice dell’aggressione (o i suoi parenti fino al terzo grado di parentela). Vendicarsi è quasi un obbligo per evitare derisione e l’ostilità generale della comunità. È anche per tale ragione culturale che le forze dell’ordine, pur avendo assicurato alla giustizia i presunti colpevoli del pestaggio, sono in massima allerta per evitare che ci sia un secondo round.
L’indagine sulla rissa, dopo aver fatto arrestare tra il 27 e il 28 dicembre Vittorio Merola, 19enne rappresentato dal legale Carlo De Stavola, la scorsa settimana ha innescato anche l’ordinanza cautelare, emessa dal giudice Alessandra Grammatica del Tribunale di S. Maria C.V., per altri 5 soggetti. Si tratta di Youssef Majaoui, 21 anni; Cristian D’Ambrosio, 23 anni; Giovanni Barracano, 25 anni, e Massimiliano Barbato, 24 anni.
I 6 sotto inchiesta, da considerare innocenti fino a un’eventuale sentenza di condanna irrevocabile, sono assistiti dagli avvocati De Stavola, Antonio Grillo, Nicola Garofalo, Cesare Gesmundo e Sergio Di Lauro.
Mentre si lavora per evitare ulteriori violenze determinate dal pestaggio in zona Anfiteatro, gli investigatori della Mobile di Caserta e del commissariato di S. Maria C.V. sono impegnati anche a far luce sul delitto di Emanuele Nebbia, avvenuto la notte di San Silvestro a pochi passi dalla sua abitazione situata in via Raffaello, nel rione Iacp. Stava lasciando casa per andare a festeggiare l’inizio del nuovo anno quando ha incrociato il suo killer: lo attendeva fuori al pianerottolo. Un colpo di pistola di piccolo calibro esploso verso la sua tempia destra e Nebbia stramazzò al suolo. Venne subito portato all’ospedale di Caserta, ma per le gravi ferite dopo 5 giorni perse la sua battaglia. Un agguato che sarebbe frutto di una contesa per lo spaccio di droga tra una gang criminale che fa capo a un 38enne delle palazzine, già noto alle cronache, e un gruppo a cui sarebbe stato legato Nebbia. La vittima qualche settimana prima di rimanere vittima nell’agguato, secondo i carabinieri della locale Compagnia, si rese protagonista di un raid di piombo: avrebbe esploso colpi di pistola in direzione della casa di un componente della gang rivale. La famiglia di Nebbia è seguita dall’avvocato Clemente Mottola.
© Riproduzione Riservata