NAPOLI – Una picchiata in una zona controllata dagli Abbinante ha portato alla cattura di due uomini. Nel corso della serata di sabato gli agenti dei commissariati Scampia e Secondigliano, durante un servizio di contrasto allo spaccio di sostanze stupefacenti, hanno notato presso i porticati degli edifici del Lotto SA/1 in via Giuseppe Fava due uomini che consegnavano qualcosa ad alcune persone in cambio di denaro. I poliziotti li hanno quindi raggiunti e bloccati trovandoli in possesso di 24 bustine contenenti 24 grammi di marijuana, 20 involucri con 5 grammi circa di cocaina e 315 euro. In manette sono finiti Domenico Esposito e Francesco Pio Esposito, entrambi della zona, di 48 e 19 anni.
I due sono stati arrestati per spaccio e detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti. Malgrado abbiano lo stesso cognome non sono parenti, ma il più giovane è inserito in una delle famiglie ‘che contano’ dal punto di vista criminale. Il padre, infatti, è Giovanni Esposito noto come ‘o muort, uno dei capi del clan Abbinante, e, per un periodo, reggente dell’organizzazione. Ma è anche fratello di Antonio Esposito, noto come ‘o gelato, in carcere con l’accusa di tentato omicidio per un recente fermo poi tramutato in ordinanza. Parliamo quello che ha portato all’esecuzione di alcune misure nei confronti di ras e gregari del clan perché – per la procura – erano in procinto di uccidere e seppellire un soggetto vicino all’organizzazione per questioni d’onore. L’uomo era stato “condannato a morte” perché sospettato di intrattenere una relazione con la moglie di un affiliato detenuto. Un omicidio pianificato, ma sventato dalla squadra mobile di Napoli, grazie alle indagini coordinate dalla Direzione distrettuale antimafia della procura partenopea (dai pm Maurizio De Marco, Lucio Giugliano e Giuliano Caputo).
A valle delle indagini sono state sottoposte a fermo 5 persone, tra queste Antonio Abbinante, considerato boss dell’omonimo clan camorristico attivo a Scampia, nell’area nord di Napoli, e il nipote Raffaele, nei confronti dei quali il gip ha emesso misure cautelari. Quattro degli indagati rispondono di partecipazione ad associazione mafiosa e tutti per il delitto di tentato omicidio. L’affiliato accusato di intrattenere la relazione extraconiugale con la moglie di un affiliato detenuto sarebbe stato condannato a morte perché avrebbe minato quegli accordi non scritti di equilibri interni al clan. L’uomo aveva anche ricevuto una chiamata per incontro nelle campagne di Marano, in provincia di Napoli, dove era già stata scavata la fossa. Gli inquirenti hanno appurato che era stata decretata la morte di Luigi Rignante, a causa di una presunta relazione extraconiugale con la moglie di un altro soggetto vicino all’organizzazione che era detenuto. Le indagini non sono state semplici. Alcuni indagati avevano anche scavato la fossa nelle campagne in cui il soggetto avrebbe dovuto essere ucciso e successivamente seppellito.
Le indagini hanno dovuto aver a che fare con esigenze di prevenzione criminale e questo ha portato anche all’esecuzione di alcune perquisizioni mirate. Era già stato dato l’appuntamento per uccidere. Gli affiliati sono stati presi nel momento in cui scavavano la fossa. Cinque fermati, dunque. Ma ci sarebbe un sesto uomo. Gli elementi raccolti hanno consentito agli inquirenti di carpire prima le intenzioni criminali di un consistente numero di soggetti del clan. E’ stato poi possibile impedire che gli autori, identificati, consumassero il reato, la cui realizzazione è stata rimandata essendo emerso che la sentenza emessa era “irrevocabile”. Gli indagati sono Antonio Abbinante, alias Coccio e’ Pignata, sospettato di avere il ruolo di mandante perché capo del clan. Raffaele Abbinante jr, Antonio Esposito detto ‘O gelato, figlio di Giovanni Esposito ‘O Muorto e Salvatore Morriale, che avrebbero agito con lo scopo di realizzare la materiale esecuzione. Infine Paolo Ciprio e tale ‘Ginotto’, il sesto uomo non ancora identificato, che avrebbero agito con il ruolo di fiancheggiatori. Il primo avendo fornito un contributo marginale nell’individuazione del luogo dove occultare il cadavere, il secondo per aver contribuito ad individuare il luogo in cui nasconderlo.
Il 30 marzo 2021 Raffaele Abbinante a bordo di un’auto intercettata si recò a Marano, in via San Marco. Lì prese a bordo tale “Ginotto”, il sesto uomo, insieme al quale si diresse in zone impervie e poco frequentate. I due parlavano a bassissima voce eludendo di fatto ogni captazione delle cimici. Giunti in un punto geografico pressoché isolato (ma identificato con la posizione satellitare), Abbinante fermò l’auto e tutti gli occupanti del veicolo uscirono dall’abitacolo. Alle 17:20, Raffaele Abbinante sostò il veicolo ai piedi del bosco di Faragnano, nella zona di Marano e lì continuò a disquisire con ‘Ginotto’ a bassa voce, tanto da rendere non comprensibili le parole. Circa dieci minuti dopo, il duo effettuava una nuova sosta nei pressi della strada Privata Rai, nei pressi del Parco Metropolitano delle Colline di Napoli. Lì la polizia giudiziaria riuscì ad ascoltare la voce di “Ginotto” che rassicurava Abbinante circa l’assenza di persone nella zona in quanto, sebbene ai suoi occhi si presentava l’imponente presenza di una malandata struttura alberghiera, a suo avviso era ormai in completo disuso. Adesso il lavoro investigativo è teso ad identificare il soggetto chiamato Ginotto nelle intercettazioni.