Schiavone jr e Reccia accettano la condanna: scatta lo sconto di pena, scarcerazione più vicina

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Emanuele Libero Schiavone e Francesco Reccia

CASAL DI PRINCIPE – Hanno accettato la condanna di primo grado. Emanuele Libero Schiavone e Francesco Reccia, rispettivamente figli del capoclan Francesco Schiavone Sandokan e del mafioso sanciprianese Oreste Reccia, non hanno presentato ricorso in Appello, scelta che ha permesso loro di ottenere lo sconto di un sesto della pena decisa dal Tribunale di Napoli. Così i 3 anni e 10 mesi inflitti a Schiavone sono diventati circa 3 anni e 2 mesi, mentre i 2 anni e 10 mesi di Reccia si sono ridotti a poco più di 2 anni e 2 mesi.

I due rampolli, assistiti adi legali Paolo Caterino e Domenico Della Gatta, vennero arrestati esattamente un anno fa dai carabinieri della Compagnia di Casal di Principe. Furono trovati in un’abitazione del Pallonetto (zona di Napoli), dove si nascondevano probabilmente per organizzare una controffensiva nei confronti di chi voleva eliminarli. Se oggi si trovano in carcere è perché sono stati ritenuti responsabili di detenzione illegale di armi e spaccio di droga (avvenuto in piazza Mercato).

Schiavone era tornato a Casale dopo aver trascorso 12 anni consecutivi in prigione. Era stato scarcerato a metà aprile 2024 e, già dal giorno successivo, i carabinieri avevano iniziato a documentare i suoi movimenti: si stava impegnando a riorganizzare il gruppo criminale, cercando alleanze per ‘fare soldi’. Nel tentativo di rimettere in piedi la cosca, si è scontrato con una fazione malavitosa legata ai Bidognetti. Il motivo? La miccia sarebbe stata la richiesta avanzata da Sandokan jr. di ottenere una quota dei proventi che gli affiliati a Cicciotto incassavano dalla vendita di droga nell’Agro aversano. Una tensione che si inserisce in una faida più ampia e antica, fatta di attriti mai sopiti tra il figlio del capoclan Schiavone e Gianluca Bidognetti Nanà.

Gli effetti di questa fibrillazione tra schiavoniani e bidognettiani sono noti: aggressioni, raid punitivi falliti, stese in piazza e spari contro abitazioni. Tutto mentre era ancora formalmente attiva la collaborazione con la giustizia avviata da Sandokan, poi interrotta su decisione della Dda. Un’escalation di violenza fermata dagli arresti eseguiti – esattamente un anno fa – dai carabinieri, anche se resta il timore che possa riprendere quando alcuni protagonisti torneranno liberi. Ma non sarà a breve: Emanuele Libero, salvo colpi di scena, dovrebbe terminare di scontare la pena nel 2027. E’ ancora lontanto il tempo in cui tornerà ad essere un uomo libero anche Gianluca Bidognetti, che nel 2023 incassato una nuova pesante condanna per associazione mafiosa (aveva continuato a gestire il clan dal carcere di Terni).

Dei maschi di casa Schiavone, l’unico oggi in libertà è Ivanhoe. Nicola, il primogenito, già condannato all’ergastolo, ha iniziato a collaborare con la giustizia nel 2018 e il fratello Walter, insieme alla madre Giuseppina Nappa, aderì poco dopo al programma di protezione che gli fu proposto proprio per il pentimento di Nicola. Carmine Schiavone, il secondogenito di Sandokan, è ancora in carcere: sta scontando una condanna complessiva a 30 anni di reclusione (e il suo ritorno in libertà non è affatto imminente). Per quanto riguarda Sandokan, è detenuto al 41 bis. In un recente suo intervento durante un processo – in Corte d’appello – dove è imputato per omicidio, ha manifestato la volontà di riprendere a dialogare con i magistrati, ma le dichiarazioni da lui rese non hanno convinto la Dda. Risultato? Come detto, la Procura lo scorso luglio ha interrotto il percorso di collaborazione e non sembra intenzionata a ridare una nuova chance al boss.

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