Schiavone voleva uccidere Zagaria. La strategia omicida coinvolgeva anche Antonio Iovine

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Nicola Schiavone, Michele Zagaria ed Antonio Iovine
Nicola Schiavone, Michele Zagaria ed Antonio Iovine

CASAL DI PRINCIPE – Fu il suo arresto a impedire una faida che avrebbe sconvolto il clan dei Casalesi: Nicola Schiavone, primogenito di Francesco Sandokan Schiavone, era pronto a colpire prima Michele Zagaria Capastort, e poi Antonio Iovine ’o Ninno. Un progetto omicida dal potenziale mafioso devastante, rimasto sulla carta solo perché l’azione delle forze dell’ordine arrivò prima. Il figlio del capoclan finì in carcere e quella guerra non ebbe seguito. Nei primi anni del Duemila i rapporti tra chi all’epoca sedeva ai vertici delle cosche non erano più idilliaci.
L’accordo sulla cassa comune era saltato. Gli Zagaria non contribuivano più con la loro quota, mentre l’area di Iovine aveva gradualmente iniziato a defilarsi. E agli Schiavone tutto questo non stava più bene. Si tratta di tensioni interne emerse con chiarezza già in numerosi processi. Tensioni che avevano messo in netta contrapposizione, da un lato, Nicola Schiavone (che aveva ereditato lo scettro dal padre) e, dall’altro, Michele Zagaria. Tra loro non correva ormai più buon sangue. Il primo a fare una mossa in reazione a tali dissidi fu il boss di Casapesenna. Nel tentativo di depotenziare il figlio di Sandokan, fece arrivare sul territorio, da Formia, Antonio Salzillo, nipote di Antonio Bardellino. A questa iniziativa, il giovane Schiavone rispose con una mossa fragorosa: Salzillo venne ucciso in un agguato lungo la provinciale che collega Cancello ed Arnone a Villa Literno. Era il 2009. Insomma, la situazione era incandescente e aveva già iniziato a causare le prime vittime.

Oggi possiamo aggiungere altri dettagli a quella storia e ricostruire come il primogenito di Francesco Schiavone avesse intenzione di andare oltre, fino a sbarazzarsi concretamente di Capastorta. Se ne siamo a conoscenza è perché a raccontarlo ai magistrati della Direzione distrettuale antimafia è stato lo stesso Nicola Schiavone, collaboratore di giustizia dal 2018. L’erede di Sandokan ha riferito che nel 2010 aveva allertato lo zio Antonio Schiavone affinché individuasse, attraverso persone fidate, un alloggio in Corsica. L’obiettivo era usare quella casa per tendere un agguato a Michele Zagaria, che solitamente trascorreva lì le vacanze. In questa strategia, secondo il racconto, sarebbe rientrato anche Antonio Iovine. Nicola Schiavone, nel corso dell’interrogatorio reso ai pm, allude infatti a un’ipotizzata intesa con ’o Ninno: un accordo che prevedeva la consegna di Michele Zagaria da parte del sanciprianese. Ma quell’intesa non si concretizzò mai. Un mancato
passo che avrebbe alimentato ulteriormente il risentimento di Schiavone, spingendolo a confidarsi con lo zio Antonio e a ipotizzare
l’eliminazione dello stesso Iovine.

Su questo punto, sulla possibilità di colpire ’o Ninno ipotesi rimasta tale – Nicola Schiavone riferisce di essersi scambiato alcuni cenni con Antonio Schiavone il 21 ottobre 2017 (nel corso di un incontro in carcere). La spinta verso la guerra venne però, come detto, frenata dall’arresto di Nicola Schiavone: fu ammanettato nel 2010 con l’accusa di aver ordinato un triplice omicidio (Papa-Minutolo-Buonanno). Poco dopo furono arrestati e portati in carcere anche Antonio Iovine e Michele Zagaria. Entro il dicembre del 2011, tutti i leader delle cosche di quel periodo, a un passo dalla faida, finirono in prigione. Quel tipo di clan, a un passo dal farsi la guerra, oggi non esiste più. Si è trasformato in una creatura a due teste: da un lato c’è una mafia ‘bassa’, rumorosa, con legami familiari evidenti con i boss detenuti, che continua a muoversi sui binari classici delle estorsioni e, sempre più, su quelli del traffico di droga. Dall’altro una mafia ‘alta’, silenziosa, capace di insinuarsi nel mondo delle imprese e di agire spesso lontano dai riflettori, quasi invisibile.

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