Scisciano, sesso e mazzette in cambio di incarichi e licenze edilizie

SCISCIANO – Soldi e sesso per sbloccare le pratiche edilizie al Comune di Scisciano e assegnare un appalto: è quanto ipotizza la Procura di Nola che ha coordinato un’indagine condotta dai carabinieri della stazione di San Vitaliano, guidati dal comandante Vinicio Pesapane, che ha portato il gip dello stesso tribunale bruniano a emettere 13 misure cautelari.

Gli indagati

Domiciliari per Arcangelo Capasso, 51enne di Brusciano e Luigi Tufano, 61enne di Scisciano, il primo responsabile (all’epoca dei fatti contestati, oggi dipendente Arpa) e l’altro geometra, in servizio presso l’ufficio tecnico del Comune di Scisciano; divieto di dimora in provincia di Napoli per l’ingegnere Pasquale Rossi, 33enne consigliere comunale di Scisciano, l’architetto Carmine Di Palma, 52enne di San Vitaliano, Carlo Pianese, 66enne di Brusciano, l’architetto Fabrizio Goscè, 42enne napoletano di Chiaia, Giovanbattista Romano, 58enne di Saviano, Carmine Serpico, 62enne tecnico di Scisciano, Rosa Di Fiore, 52enne di Capodichino impiegata in una ditta di sanificazione, Paolo D’Acunzi, ingegnere 35enne di Salerno e Marco Sacco, 43enne di Albanella, piccolo centro del Salernitano. Per Nunzio Curcio, 48enne commerciante di Saviano titolare di un negozio a San Gennaro Vesuviano e Santolo Manzone, 35enne informatore farmaceutico di Scisciano disposto l’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria. Sono accusati a vario titolo, di corruzione, turbata libertà del procedimento di scelta del contraente e falso in atto pubblico per fatti che vanno da settembre 2020 a marzo 2021. Ovviamente tutti i soggetti coinvolti restano innocenti fino ad eventuale processo ed eventuale condanna passata in giudicato.

L’inchiesta

L’indagine trae origine da un sopralluogo eseguito presso un cantiere edile allestito sul territorio del comune di Scisciano per l’esecuzione di opere che il personale in servizio presso il competente Ufficio Tecnico avrebbe autorizzato – secondo la Procura – col rilascio di un permesso di costruire illegittimo: il titolo edilizio aveva ad oggetto il mutamento di destinazione d’uso (da agricolo a civile la ricostruzione degli inquirenti) in violazione delle disposizioni della legge regionale sul ‘piano casa’. I successivi accertamenti, svolti con il supporto di attività tecniche tra intercettazioni e telecamere, avrebbero fatto emergere le ‘collaudate’ modalità con cui personale dell’Ufficio Tecnico di Scisciano avrebbe gestito il rilascio di titoli edilizi e l’affidamento di appalti pubblici secondo quelle che il pm definisce “dinamiche clientelari”. In particolare le telecamere installate all’interno del Municipio avrebbero ripreso l’indebita percezione di denaro da parte di un funzionario pubblico dell’ente perché agevolasse il rapido rilascio di permessi per costruire e, nello specifico, ne pilotasse l’intero iter burocratico. In alcuni casi, il dipendente avrebbe agito secondo analoghe modalità e conseguendo, a titolo di corrispettivo, l’affidamento di incarichi di natura tecnica in relazione alle opere edili per le quali avrebbe garantito il rilascio del titolo edilizio a vantaggio di professionisti compiacenti. In altri casi, all’interno degli uffici comunali e in orario di chiusura, si sarebbero svolti degli incontri riservati tra il tecnico comunale e varie figure professionali, quali ingegneri, geometri ed architetti locali, funzionali a concordare le modalità di presentazione delle istanze di rilascio dei titoli o anche a redigerne congiuntamente i progetti da allegarvi. Ulteriori episodi riguarderebbero l’affidamento di servizi a beneficio di imprese riconducibili a conoscenti o familiari di dipendenti comunali, in violazione dei principi di economicità, correttezza, concorrenza, trasparenza e pubblicità.

Il caso “grigio”

Si profilerebbe, inoltre, il caso definito “grigio” dal pm, del sostegno garantito dal responsabile dell’ufficio tecnico comunale alla referente di una ditta che opera nel campo dello smaltimento dei rifiuti: un appalto per la pulizia delle caditoie cittadine che sarebbe avvenuto in cambio di una prestazione sessuale consumata – secondo l’accusa – proprio all’interno degli uffici comunali. Sullo sfondo, stando a quanto emerso dall’indagine, la malcelata insofferenza degli indagati alle verifiche e agli approfondimenti condotti dal personale di polizia giudiziaria in occasione delle acquisizioni di documenti che ci sono state in Municipio: diversi, infatti, i commenti che sarebbero stati registrati dai quali verrebbe fuori l’auspicio che la politica locale potesse intervenire per porre un freno al comandante della stazione dei carabinieri di San Vitaliano e la costante convinzione della minima entità e inoffensività dei propri comportamenti, fondata sull’assunto che gli stessi fossero espressione di un costume condiviso e diffuso. L’inchiesta, pertanto, avrebbe portato alla luce “il contesto di diffusa illegalità che ha caratterizzato la gestione dell’ente comunale” sintomatica della preoccupante percezione di assoluta impunità che avrebbe caratterizzato l’agire delle persone coinvolte nelle condotte illecite contestate.
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