MILANO – Si accende la querelle sulla gestione sanitaria dell’emergenza sanitaria in Lombardia. Questa volta a rinfocolare le polemiche è stato il premier Giuseppe Conte, che ha risposto con una lettera al sito The Post Internazionale. Spiegando il perché non sia stata istituita una cintura sanitaria attorno ai paesi dei Alzano Lombardo e Nembro già dall’inizio di marzo.
Per Conte “se la Lombardia avesse voluto, avrebbe potuto fare di Alzano e Nembro zona rossa”. Visto che “le Regioni non sono mai state esautorate del potere di adottare ordinanze contingibili e urgenti”. Una scelta di questo tipo, però, è stata superata per Conte dal decreto dell’8 marzo con cui l’intera Lombardia è diventata zona rossa. Immediata la replica del governatore lombardo Attilio Fontana. Che al Tg4 ha sottolineato come a suo parere “non ci siano delle colpe in questa situazione” e “ammesso che ci sia una colpa, la colpa eventualmente è di entrambi”.
Botta e risposta tra il premier e la presidente della Lombardia
Per Fontana “forse su Alzano si sarebbe potuto fare qualcosa di più rigoroso. Ma dopo che era stata istituita una zona rossa noi non avevamo neanche da un punto di vista giuridico la possibilità di intervenire”. Punto sul quale il premier Conte, nella conferenza stampa di presentazione del nuovo decreto con importante misure economiche per sostenere il Paese dopo l’epidemia, non accetta sottolineature: “Noi – spiega – non abbiamo mai impedito ai governatori di emanare ordinanze” anche più rigorose rispetto alle disposizioni nazionali. Sempre in serata, arriva dal Pirellone una ulteriore nota per spiegare che Fontana e la sua giunta avevano sollecitato la chiusura delle aree più colpite della Beragamasca già dal 3 marzo.
Critiche alla gestione del governatore Fontana non sono arrivate solo da Palazzo Chigi, ma anche dai medici lombardi. Che hanno pubblicato una lettera aperta sul portale della Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri per sottolineare i sette principali errori che a loro avviso avrebbe commesso il Pirellone. Ai primi posti figurano proprio la mancanza di dati sull’esatta diffusione del contagio e “l’incertezza nella chiusura di alcune aree a rischio”.
(LaPresse)