Scuola, la denuncia degli studenti: l’educazione ambientale? Non si fa

Dallo scorso anno scolastico l'educazione civica, trasversale alle altre materie, è obbligatoria in tutti i gradi dell’istruzione, a partire dalle scuole dell’infanzia

Foto LaPresse - Matteo Corner

ROMA – Dallo scorso anno scolastico l’educazione civica, trasversale alle altre materie, è obbligatoria in tutti i gradi dell’istruzione, a partire dalle scuole dell’infanzia. Secondo quanto previsto dalla legge 92 del 2019, l’insegnamento di questa materia ha un proprio voto, con almeno 33 ore all’anno dedicate. E gli assi a cui ruota attorno sono tre: lo studio della Costituzione, lo sviluppo sostenibile, la cittadinanza digitale.

Sul fronte dello sviluppo sostenibile, secondo le linee guida del ministero dell’Istruzione dell’università e della ricerca (Miur), alunne e alunni saranno formati su educazione ambientale, conoscenza e tutela del patrimonio e del territorio, tenendo conto degli obiettivi dell’Agenda 2030 dell’Onu. Rientreranno in questo asse anche l’educazione alla salute, la tutela dei beni comuni, principi di protezione civile. La sostenibilità entra, così, negli obiettivi di apprendimento.

Per gli studenti, però, è tutto ancora sulla carta. “L’educazione ambientale non viene fatta”, denuncia Biancuzzi. “Anche laddove i temi sono stati inseriti nei curricola la considerazione e l’attenzione sono minime, se non nulle, e questo porta a una mancanza di uniformità a livello nazionale rispetto a questa materia. Anche perché manca un sostegno a livello centrale. E’ chiaro che bisogna pensare a percorsi specifici per mettere i docenti in condizione di affrontare la questione”.

Per Biancuzzi, l’educazione ambientale non è solo una questione di formazione. “Il tema rientra in una visione complessiva della scuola, a prescindere dalle difficoltà di questi due anni e della didattica a distanza. L’inserimento dell’educazione civica e ambientale nel curriculum non può essere fatto a freddo. Al di là delle dichiarazioni sulla trasversalità, l’impostazione del nostro sistema scolastico rimane nozionistica e con materie separate. Bisogna cercare di modificare le fondamenta della scuola per renderla più inclusiva e in grado di affrontare temi fondamentali come il cambiamento climatico”.

Le stesse critiche e la richiesta di una scuola che sappia guardare all’ambiente in modo più attento arrivano dal coordinatore nazionale dell’Unione degli studenti. “L’educazione civica viene fatta in maniera sporadica, non continuativa”, dice. “I docenti hanno difficoltà nell’affrontarla. Serve maggiore consapevolezza su come trattarla”.

“Abbiamo chiesto – aggiunge Redolfi – più chiarezza rispetto alle linee guida, sui progetti da portare avanti. Oltre al fatto che pensiamo che la scuola debba essere educante a 360 gradi e permeata da un’ottica ecologista. A cominciare dalle strutture in cui dovrebbero essere adottate misure ecologiche e dove si dovrebbero attuare accortezze varie. Manca una logica sistemica”.

 “Non ci si può aspettare – spiega Maddalena Gissi, segretaria generale Cisl Scuola – che l’educazione ambientale sia argomento unicamente di pertinenza scientifica. Passa attraverso il decoro urbano, il rispetto dell’ambiente, una piccola azione che può fare il bambino in classe fino alle grandi azioni delle aziende. E’ una mentalità. Ai ragazzi questo modello deve essere promosso attraverso azioni concrete, non può essere trasmesso solo attraverso la lettura di un libro”.

Non si può quindi ricondurre tutto a una sola disciplina. “Si lavora – aggiunge Gissi – sulla lettura dei giornali, per esempio con l’insegnante di italiano, sulla gestione della classe, sulla raccolta differenziata nelle aule, sull’uso delle borracce invece delle bottiglie di plastica”. Sulla necessità di introdurre uno spazio ad hoc per i temi ambientali, la segretaria generale Cisl Scuola non ha dubbi: “Per fare questo bisognerebbe rivedere gli ordinamenti, un percorso che ha un tempo lungo”.

Sulla stessa lunghezza d’onda Manuela Calza, segreteria nazionale Slc Cgil: “L’educazione civica come disciplina obbligatoria ha dovuto fare i conti con la pandemia e con la didattica a distanza. Ci sono nella scuola pratiche di educazione ambientale molto diffuse, per la sensibilità dei docenti e per quella dei ragazzi. Se non partiamo proprio da lì, dalla scuola, i problemi che stiamo riscontrando a livello planetario rimarranno irrisolti”.

L’auspicio, per Calza, è che “l’introduzione come materia obbligatoria dia sistematicità e organicità alle buone pratiche, diffuse ma troppo spesso lasciate all’iniziativa dei singoli e che difficilmente entrano in curricula veri e propri”. Per la segretaria nazionale Slc Cgil è comunque prematuro dare un giudizio definitivo: “La pandemia non ha dato la possibilità di verificare gli esiti dell’esperienza. E’ presto per fare una valutazione”.

Anche i presidi invitano alla calma e a guardare il buono dell’iniziativa. “Certo – afferma Antonello Giannelli, presidente Associazione nazionale presidi (Anp) – l’educazione civica è un’ora a settimana. L’impianto dei corsi di studio è quello di sempre. Ma nulla vieta di aggiungere attività extra curricolari”.

E, naturalmente, è anche una questione di investimenti. “Ci sono poche risorse, a cominciare dal numero di professori”, aggiunge Giannelli. “Però i germi sono stati seminati”. Per il numero uno dei presidi, infine, un punto nodale è la formazione dei docenti. “Non è prevista una formazione specifica per i professori – conclude – ma se la scuola ritiene che sia un punto rilevante può adoperare i fondi a disposizione per organizzarla”.

(LaPresse)

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