Ieri aveva detto che non si sarebbe fatta trovare impreparata. Oggi, Liliana Segre lo conferma con un discorso alto, denso. Aprendo la prima seduta del nuovo Senato come presidente provvisorio, in qualità di componente più anziana, la senatrice a vita viene accolta da una lunga standing ovation. Poi sceglie immagini semplici e fortissime, che ricordano all’aula l’origine antifascista dalla Repubblica, fondata sul rifiuto delle leggi razziali, sulla Liberazione, sul lavoro, sulla Costituzione.
Una ‘lezione’ che ribadisce a tutti il valore delle feste civili: “Perché mai dovrebbero essere vissute come date ‘divisive’, anziché con autentico spirito repubblicano, il 25 Aprile festa della Liberazione, il 1° Maggio festa del lavoro, il 2 Giugno festa della Repubblica? Anche su questo tema della piena condivisione delle feste nazionali, delle date che scandiscono un patto tra le generazioni, tra memoria e futuro, grande potrebbe essere il valore dell’esempio, di gesti nuovi e magari inattesi”. Ma a proposito di gesti, i senatori di Fratelli d’Italia non applaudono, solo Ignazio La Russa batte le mani. Quando, da lì a poco, verrà eletto presidente del Senato, si capirà il perché. “Queste date hanno bisogno di essere celebrate da tutti perché un’Italia pacificata e coesa è la migliore precondizione per affrontare qualunque emergenza e difficoltà”, sarà un passaggio del suo discorso.
La staffetta fra i due verrà definita da Pagine Ebraiche, notiziario on-line edito dall’Unione delle comunità ebraiche italiane, “un passaggio simbolico e, a detta di vari osservatori, inquietante tra una donna perseguitata in gioventù dal nazifascismo e una figura politica cresciuta negli ambienti dell’estrema destra neofascista e che con quel passato non sembra aver fatto troppo bene i conti”. Una posizione che, visto il silenzio dell’Ucei sull’elezione di La Russa, verrà poi smussata sullo stesso sito e diventerà “un passaggio simbolico e delicato a detta di vari osservatori. Molteplici gli episodi, anche recenti, a dimostrarlo”.
Ma non è certo agli applausi o alle polemiche che mira Segre. Bensì a rivendicare le ragioni stesse della Repubblica. L’emozione “di fronte al ruolo che in questa giornata la sorte mi riserva. In questo mese di ottobre nel quale cade il centenario della Marcia su Roma, che dette inizio alla dittatura fascista, tocca proprio ad una come me assumere momentaneamente la presidenza di questo tempio della democrazia”.
L’onore e l’orgoglio diventano addirittura “una sorta di vertigine ricordando che quella stessa bambina che in un giorno come questo del 1938, sconsolata e smarrita, fu costretta dalle leggi razziste a lasciare vuoto il suo banco delle scuole elementari, oggi si trova per uno strano destino addirittura sul banco più prestigioso del Senato”. Altra standing ovation, presumibilmente qualche brivido tra i senatori che applaudono la senatrice a vita, la quale lancia alcuni moniti anche sul presente.
Anzitutto sulla Costituzione, che “è perfettibile”, ma “se le energie che da decenni vengono spese” per cambiarla “fossero state invece impiegate per attuarla, il nostro sarebbe un Paese più giusto e anche più felice”, dice, ammonendo: “Come disse Piero Calamandrei non è un pezzo di carta, ma è il testamento di 100.000 morti caduti nella lunga lotta per la libertà; una lotta che non inizia nel settembre del 1943 ma che vede idealmente come capofila Giacomo Matteotti” e “i cittadini hanno sempre scelto di difenderla”. Certo, “la maggioranza uscita dalle urne ha il diritto-dovere di governare”, ma “comune a tutti deve essere l’imperativo di preservare le Istituzioni della Repubblica”, incalza Segre.
Non mancano un passaggio sulla guerra in Ucraina – “follia senza fine” che richiede “una pace urgente” – e sulla crisi economica ed energetica su cui bisogna intervenire “prima che la paura e la rabbia possano raggiungere i livelli di guardia e tracimare”, afferma Segre, richiamando infine i senatori al loro ruolo: “Il Paese ci guarda, grandi sono le nostre responsabilità ma al tempo stesso grandi le opportunità di dare l’esempio”, conclude la senatrice a vita, che poi proclama l’elezione di Ignazio La Russa e gli cede il posto. Per lei dal nuovo presidente del Senato, un mazzo di rose. E il pressoché unanime apprezzamento per un discorso da molti definito “memorabile”.(LaPresse)