Sequestrati 6 milioni al tiktoker Napolitano. Sigilli ad uno yacht di 16.5 metri, immobili e beni di lusso

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Angelo Napolitano

CASALNUOVO – Un nome noto sui social, un’azienda cresciuta a dismisura in pochi anni, un patrimonio costruito su un castello di carte fatto di fatture false, società fantasma e pagamenti in contanti. E’ il ritratto che emerge dalle indagini della Procura di Nola sull’imprenditore Angelo Napolitano (nella foto), 47 anni, amministratore della Am Distribution Srl, società con sedi a Casalnuovo e Napoli, titolare del marchio “Napolitano Store”. Lo stesso Napolitano che, lo scorso 8 agosto, appariva sorridente in un video virale girato insieme alla tiktoker
Rita De Crescenzo all’interno del Consiglio Regionale della Campania: tra cori improvvisati e bandiere tricolori sventolate, i due intonavano l’inno nazionale nell’ufficio del consigliere Pasquale Di Fenza, esponente di Azione poi espulso dal partito. Un siparietto che allora aveva
fatto discutere, ma che oggi assume contorni ben più gravi alla luce delle accuse che pendono sull’imprenditore e sulla sua azienda. Nelle scorse ore, i militari del Nucleo di polizia economico-finanziaria della guardia di Finanza di Napoli, coordinati dalla Procura di Nola, hanno notificato a Napolitano un decreto di sequestro beni per un valore complessivo di 5 milioni e 740mila euro. Sigilli a immobili e beni di lusso, tra cui uno yacht di 16,5 metri e un appartamento nel quartiere Gianturco, entrambi intestati fittiziamente a prestanome per eludere i controlli fiscali.

Secondo le accuse, la Am Distribution Srl avrebbe messo in piedi un sistema di frode all’Iva basato sull’emissione di fatture per operazioni inesistenti nei confronti di società “cartiere”, prive di dipendenti e di reale operatività. Un meccanismo che consentiva di evadere l’imposta e immettere sul mercato telefoni cellulari ed elettrodomestici di ultima generazione a prezzi stracciati, purché pagati rigorosamente in contanti. Il sistema illecito prevedeva una doppia contabilità. Da un lato, venivano emesse fatture regolari per dare parvenza di legalità; dall’altro, si procedeva con vendite “in nero” a prezzi molto più bassi, ma solo a fronte di banconote – preferibilmente da 100 euro – consegnate direttamente al banco. Al cliente veniva rilasciata una sorta di ricevuta, una “bolletta” priva di validità fiscale, ma molto simile a uno scontrino, generata da un software gestionale ad hoc, in cui veniva riportato il codice Imei del cellulare. In questo modo la società riusciva a monitorare le vendite, giustificare l’uscita dei prodotti dal magazzino e garantire persino sostituzioni o cambi merce, mascherando un commercio parallelo che sfuggiva a ogni obbligo tributario.

I dati parlano chiaro: in soli sei anni, la Am Distribution Srl è passata da un fatturato di 2,2 milioni di euro nel 2017 a oltre 20 milioni nel 2023. Una crescita definita dagli inquirenti “esponenziale e anomala”, che ha destato più di un sospetto e che, secondo la ricostruzione degli investigatori, sarebbe stata alimentata proprio dal sistema di evasione fiscale. Un meccanismo che non era passato inosservato nemmeno alle telecamere televisive. Già il 19 febbraio, quando le indagini erano in corso, la trasmissione “Striscia la Notizia” aveva mandato in onda un servizio che denunciava il “doppio listino” praticato nei negozi riconducibili alla società di Napolitano, evidenziando le differenze di prezzo a seconda delle modalità di pagamento. Le indagini della procura di Nola (procuratore Marco Del Gaudio) hanno permesso di accertare che “la vendita alla clientela a condizioni illecitamente vantaggiose si concretizzava solo se il pagamento era in contanti e, preferibilmente, con banconote da 100 euro. Al cliente veniva consegnata una ‘bolletta’ priva di alcuna validità fiscale, che consentiva di monitorare le vendite e garantire sostituzioni, ma che in realtà mascherava un sistema di evasione sistematico e collaudato”.

La vicenda assume tinte ancora più fosche se si considera il contesto mediatico e politico che ruota intorno al nome di Napolitano. L’imprenditore aveva saputo costruirsi una certa visibilità sui social, sfruttando campagne pubblicitarie aggressive e collaborazioni con personaggi noti del mondo digitale. L’apparizione al fianco di Rita De Crescenzo nei corridoi del Consiglio Regionale, con tanto di bandiere tricolori e cori patriottici, sembrava il coronamento di una scalata verso la popolarità. Oggi, quella scena appare come il simbolo di un paradosso: dietro l’immagine di successo e patriottismo sbandierato sui social, si celava un sistema che, secondo gli inquirenti, sottraeva milioni di euro allo Stato e alterava il mercato con pratiche scorrette. Il sequestro da quasi 6 milioni di euro rappresenta solo l’ultima tappa di un’inchiesta destinata a far discutere ancora a lungo. Una storia che intreccia lusso, social network, politica e criminalità economica, in un quadro che lascia emergere la fragilità di un tessuto commerciale in cui le regole spesso vengono piegate a vantaggio dei più furbi.

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