Sequestrati Parco Iris e Palazzo Miniero

Le operazioni edilizie realizzate corrompendo tecnici comunali e amministratori

TEVEROLA – Non solo domiciliari e divieti di dimora: l’indagine dei carabinieri di Aversa ha convinto il giudice Daniele Grunieri a disporre anche il sequestro del Parco Iris, realizzato in località Madama Vincenza, e del fabbricato in via Fratelli Bandiera (noto come Palazzo Miniero): le due opere rappresenterebbero il frutto delle attività edilizie che, secondo la Procura di Napoli Nord, sono state messe in piedi grazie ai permessi rilasciati dall’ufficio Tecnico dietro pagamento di mazzette da parte degli imprenditori a politici e tecnici.
Secondo i pm Cesare Sirignano e Patrizia Dongiacomo, a contestualizzare il pagamento della tangente tesa a dare il via libera alla costruzione del Parco Iris sui terreni di Pasquale Schiavone sono stati i soliloqui di Biagio Lusini, intercettati mentre si trovava in auto nel dicembre 2020. Dalle sue riflessioni ad alta voce, i carabinieri, che lo ascoltavano, hanno appreso che, per far ottenere il permesso a Schiavone, poi girato alla Delfi Costruzioni di Angelo Morra (di cui sono soci anche i figli di Lusini, non indagati), erano stati dati soldi a Tommaso Barbato e Pasquale Buonpane, all’epoca sindaco e assessore: “Pasquale, tu me la devi fare! […] Tu ti sei preso i soldi, tu e il sindaco […]. E te li sei presi ad agosto. […] Mandasti pure il messaggio. Io tengo tutto registrato”.

Non è da escludere che questi sfoghi ad alta voce di Lusini fossero stati fatti proprio con la consapevolezza che potesse essere registrato, ma dagli inquirenti sono stati comunque ritenuti utili a confermare la loro tesi. Se Lusini si mostrava arrabbiato, nel dicembre di quattro anni fa, è perché i tempi per concedere la concessione si erano allungati. A fare ostruzionismo al rilascio del permesso, ritengono gli inquirenti, fu l’architetto Ulderico Di Bello, che si stava insediando come capo dell’area Tecnica a Teverola. Lusini, che all’epoca era un consigliere di opposizione, per aggirare il problema, stando a quanto emerso nell’inchiesta, andò a incontrare il sindaco di Frignano, Gabriele Piatto (non indagato). Per quale ragione? Per boicottare il trasferimento da Frignano, Comune dove lavorava Di Bello, a Teverola. E per tale ragione chiedeva a Piatto di non concedere il nulla osta al tecnico.

Grazie a una conversazione del 15 dicembre 2020, intercettata, i carabinieri raccolgono anche il punto di vista dell’architetto Ulderico Di Bello sulla vicenda della lottizzazione Schiavone. In quell’occasione, si sfogava con il collega Raffaele De Rosa (non indagato), toccando temi di pressioni politiche e speculazioni edilizie. Al centro della discussione emergeva un soggetto identificato come “quello coi capelli bianchi”, che per gli investigatori si tratta verosimilmente di Biagio Lusini, accusato di spingere per non rinnovargli l’incarico a Teverola. La conversazione ruotava attorno proprio alla “lottizzazione Schiavone”, che Di Bello definiva abusiva, dichiarando la propria ferma intenzione di non concedere permessi di costruzione per tale progetto. “Io con questo non ci voglio parlare”, avrebbe detto, riferendosi a Lusini e sottolineando di non voler subire pressioni da chi, a suo avviso, agiva per interessi personali nel settore edilizio.

Dalle intercettazioni emerge anche il commento di De Rosa su come Lusini avesse “lavorato” Pitocchi, indicato come figura centrale in questa speculazione edilizia e descritto come uno strumento per favorire arricchimenti e operazioni poco trasparenti.
La chiacchierata tra De Rosa e Di Bello fece emergere anche i loro sospetti su un possibile accordo tra i vertici comunali e Lusini, il quale pareva detenere il potere di influenzare le sorti della consiliatura locale.

Di Bello e De Rosa contestavano inoltre l’errata classificazione urbanistica dei terreni di Schiavone, dichiarando che un’area di campagna era stata inserita in zona B, anziché in zona C, nonostante non fosse urbanizzata. Essi imputavano queste scelte alla “volontà politica” di favorire interessi personali, ostacolando chi avesse tentato di denunciare irregolarità.
Infine, la discussione si concentrava su una delibera di giunta del 2015, alla base del progetto contestato e definita dai tecnici una “schifezza”.
La visione appena descritta, grazie alle intercettazioni, di Di Bello, non disponibile a soddisfare ciò che avrebbe voluto Lusini, avrebbe portato al suo siluramento: venne rimosso dal suo incarico e sostituito con l’architetto Davide Vargas, che assunse il ruolo di responsabile dell’Ufficio Tecnico il 5 gennaio 2021.
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