La settimana più importante. Così viene definita, nel mondo politico, la vigilia del prossimo Consiglio europeo di giovedì prossimo, quello che a meno di clamorose sorprese (o giravolte) dovrebbe dare il via libera al pacchetto di aiuti europei per fronteggiare l’emergenza coronavirus dal punto di vista sanitario ed economico. Il nodo resta il Mes, che sembra essere stato accantonato a favore dei recovery fund, ma la guardia resta comunque alta dalle parti di Palazzo Chigi. Non è un mistero che la soluzione che preveda una riformulazione del Meccanismo europeo di stabilità, ma senza le condizionalità del trattato istitutivo, potrebbe anche essere accettata. Ma il terreno resta così irto di pericoli che, per il premier, Giuseppe Conte, è sempre meglio virare su alternative meno rischiose.
Il capo del governo, però, arriverà all’appuntamento europeo con lo scetticismo del centrodestra (“L’esecutivo italiano non ha formulato nessuna proposta specifica”, in questo modo potrebbe “trovarsi a fare da spettatore e discutere solo proposte che arrivano da altri”, lamenta ad esempio la forzista Mara Carfagna). Ma anche qualche fibrillazione di troppo nella sua maggioranza. Il dibattito sul Mes ha lasciato i segni, soprattutto nel rapporto tra Partito democratico e Movimento 5 Stelle, che non si sono risparmiati momenti di forte tensione, culminati con il voto della scorsa settimana al Parlamento Ue sulla risoluzione che ha di fatto dato il via libera ai recovery fund. Durante lo scrutinio dei vari emendamenti, la spaccatura è stata palese, con i dem favorevoli anche all’attivazione del Mes da 37 miliardi per le spese sanitarie, mentre i grillini hanno espresso parere sfavorevole, come Lega e FdI. Ma l’argine è saltato sul voto finale, perché 10 eurodeputati cinquestelle si sono astenuti e 3 addirittura hanno dato pollice verso. C’è voluto un surplus di diplomazia per riportare la calma nella coalizione, raccontano fonti di maggioranza.
Resta, però, lo scetticismo. Perché in questa fase si è aperta anche un’altra faglia pericolosa, quella nel M5S. Dove stanno riemergendo con forza le varie anime messe in ‘quiescienza’ dall’emergenza Covid-19. Le stesse che erano pronti a confrontarsi agli stati generali, rimandati già prima dello scoppio della pandemia, e ora in attesa di una nuova data, che non sarà certamente a stretto giro di posta. Nel frattempo le grandi manovre sono partite. E in questo senso ha fatto molto rumore il ritorno in campo di Alessandro Di Battista, che invita Conte a non firmare nessun documento che contenga la “trappola” del cosiddetto fondo salva-Stati. Per Dibba il premier “si è guadagnato una credibilità che in pochi hanno avuto in passato”, ma questo comporta delle responsabilità extra. Come evitare di far mettere l’Italia “all’angolo”. Perché l’ex deputato è sicuro che “ci spingeranno ad indebitarci per poi passare all’incasso”. Una posizione che, agli occhi degli alleati di governo, assomiglia un po’ troppo a quella dell’opposizione.
(Dario Borriello – LaPresse)