MARCIANISE – Se Paolo Siciliano, imprenditore 57enne, dovesse affrontare il processo con l’accusa di associazione mafiosa, che gli muove la Dda di Napoli, lo farà a piede libero. Prima il Riesame e poi la Cassazione, infatti, hanno annullato l’ordinanza con la quale l’ufficio gip, su richiesta del pm Maurizio Giordano, aveva tenuto l’uomo d’affari in cella per poco meno di un mese. Vicenda cautelare a parte, la Procura distrettuale è convinta che Sicialiano, alias ‘Pesce a Bambola’, sarebbe stato vicino al clan Zagaria, retto da Filippo Capaldo (nipote del boss Michele Zagaria). E con i Capaldo, dicono gli inquirenti, dal 2000 al 2019 avrebbe stretto un patto imprenditoriale nella gestione di alcune attività commerciali, tra cui vari supermercati disseminati in provincia di Caserta. Non solo clan dei Casalesi: nell’inchiesta che lo ha tirato in ballo, i carabinieri del Ros hanno inserito numerose dichiarazioni rese da Michele Froncillo , ex camorrista marcianisano, che associano proprio Siciliano al clan Belforte (elemento non contestato nell’ipotesi di reato che aveva fatto scattare, a gennaio, le manette per l’uomo d’affari).
Froncillo tira in ballo ‘Pesce a Bambola’ quando agli inquirenti, nel 2010, stava parlando del tentato omicidio di Andrea Critelli, andato in scena a San Nicola La Strada nel 2005. “Doveva essere ucciso perché aveva iniziato a spacciare autonomamente ed aveva commesso alcuni errori nell’esecuzione di incendi che gli erano stati commissionati da Aveta. In particolare, sbagliando completamente obiettivo, aveva incendiato il supermercato Comas-Sopras Due, che era di un imprenditore di nome Siciliano, fratello di Paolo, ulteriore imprenditore che ritengo vicino al clan Belforte”, dichiarò il pentito. Nel corso dell’interrogatorio, ai magistrati rivelò anche un altro dettaglio: “Per ironia della sorte seppi che era stato proprio Paolo Siciliano a chiedere l’incendio dei supermercati che gli facevano concorrenza al Piccolo ed all’Aveta”. Ma Critelli, stando alla tesi del collaboratore di giustizia, per errore avrebbe dato fuoco al market di suo fratello.
Ad ordinare il tentato omicidio di Cretlli, stando alle sentenze che hanno analizzato il fatto di sangue, fu Bruno Bottone, esponente del clan Belforte. A premere il grilletto, invece, Francesco Paccone, poi diventato collaboratore di giustizia.
L’indagine che ha coinvolto Siciliano, difeso dagli avvocati Claudio Sgambato e Federico Simoncelli, non è stato ancora conclusa.