NAPOLI – “I 780 euro nelle tasche degli aventi diritto arriveranno a marzo prossimo, potrà essere il giorno 15 o 30, sicuramente non il primo aprile visto che l’ironia si sprecherebbe”. Parole pronunciate nel mese di dicembre da Luigi Di Maio, vicepremier e ministro del Lavoro, a proposito del reddito di cittadinanza. Avendo imparato la lezione dal suo nuovo alleato, Vincenzo De Luca, ha fissato scadenze e lanciato promesse che non può mantenere. Ma c’è veramente poco da fare ironia. E lo sa bene, il ministro. Appena un mese più tardi, infatti, comincia a fare il gioco delle tre carte e cambia idea: “Il sito per il reddito di cittadinanza parte a marzo e da fine aprile lo eroghiamo”.
Smentito dai fatti
Sul reddito di cittadinanza il capo politico del Movimento 5 Stelle, alle prese con una crisi di consensi senza precedenti, ha puntato tutte le sue chance di sopravvivenza politica. E così, via a fiumi di parole, promesse, annunci. A smentirlo subito, però, ci pensano persino coloro che sulla misura ci stanno lavorando. A cominciare dall’Inps che prevede di concludere le prime verifiche tecniche per il 15 aprile. Ma non sarà mica facile rispettare questo termine. Di soldi, in ogni caso, se ne parla più avanti. E infatti la Consulta nazionale dei Caf ha un cronoprogramma ancora diverso che prevede il primo trasferimento di denaro sulle card, che dovranno essere rese disponibili da Poste Italiane, nel corso del mese di maggio. Una data che fa sudare freddo Di Maio.
Tradimento e missione elettorale
Il tempo comincia a stringere per il vero obiettivo della immensa e incomprensibile fretta con cui è stato affrontato il tema dell’introduzione del reddito: la possibilità di fare il pieno di voti alle Europee ed evitare una disfatta per il Movimento 5 Stelle che nel giro di un anno, tradendo a più riprese i propri valori, ha perso consensi e, ancor peggio, la connessione sentimentale con quel popolo che voleva “aprire le istituzioni come una scatoletta di tonno”. I grillini fanno passi indietro su tutto: dalla Tav, alla Tap, alla struttura da movimento e non da partito, fino al vincolo dei due mandati. Nessun problema, purché il reddito di cittadinanza si faccia, a tutti i costi e in fretta, così da poter spendere questa cambiale elettorale nel momento di massima difficoltà.
Cronoprogramma difficile da rispettare
Rispetto a quanto detto da Di Maio, quindi, l’erogazione del reddito è già in ritardo di due mesi rispetto all’iniziale tabella di marcia. Questo se tutto andrà avanti senza intoppi. E non è affatto scontato. Stando all’ultimo cronoprogramma, i Caf raccoglieranno le domande a partire da domani. Dal 25 al 15 aprile gli atti saranno trasmessi all’Inps, che avrà al massimo dieci giorni per le verifiche (di centinaia di migliaia, forse di milioni, di documenti, mica facile) e poi dovrà comunicare al cittadino via email o sms se la domanda è stata, o meno, accolta. Poi sarà necessario il passaggio con Poste Italiane che dovrà ricevere gli incartamenti e contattare singolarmente gli aventi diritto, con gli stessi sistemi citati, per comunicare la data in cui potranno recarsi nell’ufficio postale più vicino per ritirare la card (a proposito, ce ne saranno circa un milione e mezzo da stampare, mica poche).
Il garbuglio dell’iter sul web
A tutto questo bisogna aggiungere tutti coloro che stanno cercando di seguire in autonomia la procedura online. Che stanno faticosamente cercando di ottenere l’Isee (impossibile per chi non ha dimestichezza con i conti e il computer evitare le file al Caf) e che poi utilizzeranno il sito governativo per inoltrare la loro domanda. E c’è pure da erogare la pensione di cittadinanza. Roba da smanettoni o commercialisti. In tanti sono in grave difficoltà.
Controlli da fare in tempi da record
Ogni pratica dovrà essere attentamente valutata dall’Inps, che sul proprio sito indica in 5 giorni (dopo i 10 necessari per prendere in esame la domanda) il tempo necessario per effettuare la verifica sui requisiti del richiedente. Serviranno miracoli, praticamente, visto che sul Rei non si è stati certo così celeri e sulle fatture elettroniche – provvedimento per il quale sono serviti 4 anni – regna ancora sovrano il caos, giusto per citare due esempi. Al momento la situazione è a dir poco ingarbugliata. L’incrocio della misura con il percorso di reinserimento nel mercato, poi, è completamente inesistente. Ma che importa? A Di Maio interessa che prima delle Europee ci siano le card e dei soldi caricati sopra. Poi si vedrà. Si ricordi, però, che i bluff vengono sempre scoperti, prima o poi.