MOGADISCIO – Ventisei persone uccise e 56 ferite. È il bilancio dell’attacco condotto da jihadisti di al-Shabaab contro un popolare hotel di Chisimaio, in Somalia, durato 12 ore. Secondo le ricostruzione delle autorità, un attentatore suicida si è lanciato con un veicolo carico di esplosivi contro l’hotel Medina, prima che vari uomini pesantemente armati facessero irruzione sparando. Si tratta del più grave attacco condotto dal gruppo estremista a Chisimaio dal 2012, quando gli jihadisti persero il controllo della città.
Quando l’attacco ha avuto inizio l’hotel era pieno di politici e imprenditori, che partecipavano a incontri in vista delle presidenziali in Jubaland, previste ad agosto. Uno dei candidati, hanno aggiunto le autorità, è morto nell’assalto. Le forze di sicurezza hanno poi ripreso il controllo della situazione e tutti i terroristi sono stati uccisi. Le autorità ritengono che siano stati quattro gli uomini armati coinvolti nell’attentato, che avrebbero indossato uniformi della polizia.
Tra le vittime ci sono vari stranieri
il presidente della regione setiautonoma di Jubaland ha dato notizia dell’uccisione di tre kenyoti, tre tanzaniani, due statunitensi, un britannico e un canadese. È stata uccisa anche una nota giornalista somala-canadese, Nodan Halayeh, morta con il marito. La sua uccisione ha causato molte reazioni, anche online. Era infatti una sostenitrice dell’unità e della pace in Somalia e aveva creato un programma televisivo online chiamato ‘Integration’.
Nell’assedio è stato ucciso un giornalista locale, Mohamed Omar Sahal
Al-Shabaab, legato ad al-Qaeda, ha rivendicato la responsabilità parlando di un “attacco di martiri”. La missione degli Stati Uniti in Somalia ha condannato e promesso che “continuerà a lavorare con i partner somali e internazionali nella lotta all’estremismo violento”.
Il gruppo al-Shabaab è nato dalle Corti islamiche che un tempo controllavano il centro e il sud della Somalia e sarebbe costituito attualmente da 5mila-9mila jihadisti. Nel 2010 il gruppo aveva dichiarato fedeltà ad al-Qaeda e nel 2011 aveva lasciato Mogadiscio, dove in precedenza manteneva le proprie roccaforti. Resta però fortemente radicato nelle zone rurali del Paese e continua a condurre una guerriglia contro le autorità. (LaPresse/AFP)