Spallata al clan Amato-Pagano. Scissionisti decimati, 53 arresti

NAPOLI – Quarantatré persone in carcere, dieci agli arresti domiciliari, tre indagati a piede libero. E’ la fotografia in numeri della maxi inchiesta che ha colpito il clan Amato-Pagano. Le indagini portano la firma della Direzione investigativa antimafia, con la Dda di Napoli che contesta agli indagati, a vario titolo, i reati di associazione di tipo mafioso, estorsione e detenzione di armi, droga. Gli indagati sono ritenuti affiliati al clan Amato-Pagano, conosciuto anche come il clan degli “scissionisti” per la sanguinosa separazione dal clan Di Lauro. La cosca opera principalmente nei comuni di Melito e Mugnano di Napoli, oltre a controllare alcune aree dei quartieri di Secondigliano e Scampia. Il provvedimento include anche un sequestro preventivo di beni riconducibili agli indagati, tra cui una società di vendita e noleggio veicoli (la Del Bono Moto), utilizzata come base operativa del sodalizio.

Il provvedimento, hanno spiegato dalla Procura, trae origine dalle indagini a carico di esponenti apicali del clan Amato-Pagano, sodalizio criminale nato a seguito della sanguinosa ‘scissione’ dallo storico clan Di Lauro, e per questo definito anche clan degli ‘scissionisti’”. Durante la conferenza stampa, è stato rivelato che il “pizzo” veniva calcolato in base alla capacità reddituale delle vittime, una novità rispetto ai metodi tradizionali di estorsione. Il core-business del clan resta il narcotraffico. “Avevano affiliati anche in Spagna e a Dubai”, ha spiegato Claudio De Salvo, capo del centro operativo della Dia di Napoli, affiancato dal direttore Michele Carbone. “L’inchiesta ha colpito in particolare i vertici della famiglia Amato-Pagano, in particolare i discendenti dei boss storici ancora liberi, coloro che hanno ereditato lo scettro della famiglia malavitosa”. Durante le perquisizioni, sono stati sequestrati ingenti somme di denaro e orologi di lusso. I flussi finanziari del clan venivano reinvestiti in attività lecite, come la compravendita di autovetture, e utilizzati per pagare le “mesate” agli affiliati.

Un altro business redditizio per il clan è risultato essere l’estorsione alle imprese edili, spesso legate ai lavori finanziati dai “bonus” edilizi. La pressione sugli imprenditori e commercianti si intensificava in prossimità delle festività natalizie. “La quasi totalità dei commercianti del comune di Melito di Napoli, in prossimità del Natale, veniva difatti costretta a comprare i cosiddetti ‘gadget natalizi’, con un cospicuo incremento della cassa del sodalizio”, si legge negli atti. Gli accertamenti hanno inoltre rivelato che il clan si impossessava abusivamente di case sfitte, senza alcuna concessione. Inoltre, i detenuti affiliati riuscivano a comunicare con quelli liberi tramite cellulari, facilitando l’introduzione di sostanze stupefacenti nelle carceri. L’ordinanza di ieri ha colpito anche i nuovi reggenti del clan: Enrico Bocchetti e Debora Amato, figlia di Rosaria Pagano e Pietro Amato.

Il pizzo totale: “Qui si danno 500 euro al mese”

NAPOLI (dc) – Il silenzio assenso; le vittime che, ormai, assuefatte al male, si piegavano al volere dell’organizzazione criminale. Succedeva nell’hinterland nord di Napoli (provincia e periferia) durante il periodo preso in esame dagli inquirenti e probabilmente sta accadendo anche in questi istanti, mentre si scrive e mentre si legge, perché è questa la forza dei sodalizi malavitosi: la capacità di rigenerarsi. Anche se la sensazione è che stavolta, per gli Amato-Pagano, sarà dura.

I cinquantatré arresti della Direzione investigativa antimafia, a una settimana esatta dalla Vigilia di Natale, rappresenta un colpo durissimo: questi sono i giorni dei ‘giri’ che gli uomini dei clan fanno tra i negozianti e gli imprenditori per incassare le ‘tangenti’ imposte nelle scorse settimane. Gli appuntamenti annuali sono tre – Pasqua, Ferragosto, Natale – e l’ulteriore conferma arriva dalla maxi inchiesta culminata nel blitz di ieri mattina. In posti come Melito e Mugnano, l’estorsione è praticamente implicita: già il fatto di stare in piazza con un’attività, o di avere un’impresa, significa dover affrontare la spesa extra delle estorsioni. Ma come andava avanti il business a Melito, Mugnano e nei quartieri di Secondigliano e Scampia? “La strategia adottata dal clan – si legge nell’ordinanza firmata dal gip Isabella Iaselli – è quella di ricorrere alla minaccia esplicita Solo in casi estremi, ritenendo sufficiente evocare il controllo esercitato sul territorio da chi opera per conto del clan Amato-Pagano”. E poi ancora: “In altri termini le richieste sono formulate in termini di apparente cortesia, ma accompagnate da allusioni comunque idonee, in un determinato contesto ambientale a ingenerare nella vittima il timore di rischi e pericoli inevitabili, in caso di mancata ottemperanza all’invito ricevuto.

In caso di resistenza si passa alla minaccia esplicita che non ammette pietà”. Un business con un tariffario reso noto dagli emissari del clan: “A Melito si devono dare 500 euro al mese”, il messaggio che, il 30 agosto 2022, Vincenzo Nappi (ucciso nel gennaio 2023) disse al fedelissimo Luciano De Luca di far girare tra le persone che fittavano le abitazioni. “La ragione dell’estorsione – ha sottolineato Nicola Gratteri, procuratore di Napoli, durante la conferenza di ieri – non è nel guadagno, ma è nel messaggio. Chi comanda, sul territorio deve controllare tutto, anche il battito cardiaco. Il potere e il controllo non sono solo i soldi, quelli sono l’atto finale, il risultato. L’esternazione del potere è più importante”.

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