Il gip: Spallieri leader della droga per Montedecoro con D’Albenzio

MADDALONI C’era anche una piccola piazza di spaccio a Montedecoro, frazione di Maddaloni tra quelle controllate dagli esponenti della gang. Per la Procura sarebbe stata gestita da Francesco Spallieri. I retroscena dell’inchiesta sono emersi nel corso dell’indagine che ha portato l’altro ieri a 40 arresti.  Anche se è emerso che l’organizzazione avesse messo in piedi un’attività di spaccio a Santa maria Capua Vetere proprio nella città del Foro c’era una delle basi logistiche per la detenzione dello stupefacente. Sarebbe, per il gip, quella di Gennaro Papale, ubicata nelle palazzine Iacp di via Leonardo. Francesco Falco invece era il riferimento per la base della cocaina a Caivano, in via Cairoli. Stando a quanto emerso dalle varie intercettazioni e dall’attività di indagine ambientale e di pedinamento l’organizzazione si approvvigionava di droga soprattutto a Caivano, nel Parco Verde. L’attività sarebbe stata gestita per conto del clan Belforte, articolazione di Maddaloni. Salvatore D’Albenzio sarebbe l’esponente apicale della cosca. Un ruolo ben delineato è quello di Cocci, che gestiva per il gip la piazza di spaccio a Caivano ma operava anche a Cardito e Crispano. Per poter portare avanti gli affari illeciti si sarebbe avvalso della collaborazione di Salvatore Vincenzo Giordano, detto Shatush. Ad aiutare Cocci anche un altro gruppo che faceva capo a Alberto Russo e Marianna Nuvoletta. Quando si sentivano tra loro, per provare a depistare gli investigatori, chiavano la sostanza stupefacente con nomi tipo birra, prosecco, pizza. Poi facevano riferimento a somme di denaro. A Maddaloni invece tra quanti si occupavano di spacciare la sostanza stupefacente c’era anche Luigi Mastropietro.  

Salvatore D’Albenzio

La sua attività si sarebbe esplicata nel peirodo compreso tra l’ottobre del 2018 e aprile del 2019. Sempre nell’ottica di provare ad eludere le indagini alcuni degli indagati utilizzavano cellulari intestati a persone straniere. Un vorticoso giro di acquisti di apparecchi telefonici era infatti finalizzato proprio a impedire di risalire alla loro identità in caso di indagini e intercettazioni telefoniche. Un tentativo che non è andato a buon fine. Antonio e Luigi Mastropietro, padre e figlio, avrebbero operato soprattutto a Maddaloni. Anche Anna Carfora e Immacolata Toscano contribuivano, secondo il gip del tribunale di Napoli che ha firmato l’ordinanza cautelare, alle attività di spaccio. In particolare oltre a provvedere alla vendita avrebbero anche avuto il ruolo di nascondere la sostanza. Per raccogliere elementi e prove i carabinieri nel corso delle indagini hanno anche provveduto a portare a termine diversi servizi di Ocp, (osservazione, controllo, pedinamento) sul territorio di Recale. I militari dell’Arma agivano in borghese, ossia in abiti civili utilizzando una vettura non di servizio. Il tutto per non dare troppo nell’occhio ed evitare di insospettire gli indagati. Riuscirono così a seguire diversi movimenti degli indagati, In queste fasi ad esempio emerse come Di Bernardo, che lavorava in un negozio all’interno del centro commerciale Campania, proprio nel parcheggio del megastore spesso si fermava per ricevere la sostanza stupefacente. In un caso i carabinieri intervennero per controllarlo mentre stava parcheggiando l’auto. La droga non fu trovata ma dopo aver visionato i filmati delle telecamere si accorsero che l’uomo, scendendo dal veicolo, lanciò a terra un involucro e lo scalcio verso un’altra vettura parcheggiata. Solo in seguito si recò nuovamente sul posto e recuperò la sostanza di cui in quella circostanza era riuscito a disfarsi evitando il sequestro.  

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