MILANO – Lo spread presenta un primo salato conto da pagare per il Tesoro. L’Istat calcola che tra luglio e settembre del 2018 l’impennata del differenziale e il conseguente surriscaldamento dei titoli di Stato italiani sono costati ai conti del Belpaese ben 1,7 miliardi di euro di spesa pubblica aggiuntiva rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Intanto il differenziale risale avvicinando quota 270 punti base.
Gli effetti dello spread sui conti italiani
Il costo aggiuntivo ha finito quasi per azzerare i risparmi dello Stato. Il deficit sul Pil nel terzo trimestre del 2018, scrive l’istituto statistisco, ha registrato infatti “un miglioramento marginale” all’1,7%, dall’1,8% dello stesso periodo del 2017. L’aggiustamento di appena 0,1 punti percentuali dipende da un aumento dell’avanzo primario – ovvero la differenza tra entrate e spese esclusi gli interessi – che “è stato quasi completamente bilanciato dalla crescita della spesa per interessi”. Insomma, mangiato dallo spread.
Differenziale a 230 pb tra luglio e settembre
Nel quarto trimestre l’aggravio per i conti pubblici potrebbe persino essere maggiore. Se si guarda allo spread tra luglio e settembre dello scorso anno, non considerando la fiammata degli ultimi giorni del trimestre, il differenziale tra Btp a 10 anni e gli omologhi Bund tedeschi si è mosso intorno a quota 230 punti base.
Nel periodo ottobre-dicembre i livelli dello spread sono stati di molto maggiori, con un’escursione di circa un mese e mezzo oltre il tetto dei 300 punti base. Per contenere gli effetti sulla spesa per interessi il Tesoro ha cancellato alcune aste a dicembre. Oggi lo spread mostra in chiusura un incremento a 269,4 punti, con il tasso del decennale italiano al 2,91% sul mercato secondario.
I dati Istat
Guardando agli altri dati diffusi dall’Istat, il saldo primario dello Stato – ovvero l’indebitamento al netto degli interessi passivi – è risultato positivo, con un’incidenza sul Pil del 2%, a fronte dell’1,6% nel terzo trimestre del 2017. Il saldo corrente è stato a sua volta positivo con un’incidenza sul Pil dell’1,1% a fronte dell’1,6% nel terzo trimestre dello scorso anno.
(Lapresse/di Lorenzo Allegrini)