PALERMO – La procura generale chiede di ribaltare l’assoluzione in primo grado, in rito abbreviato, e di condannare Calogero Mannino: “Le acquisizioni probatorie confermano inoppugnabilmente il timore dell’onorevole Calogero Mannino di essere ucciso, così come sostenuto dall’accusa, e le sue azioni per attivare un ‘turpe do ut des’ per stoppare la strategia stragista avviata da Cosa nostra“, così il sostituto procuratore generale Sergio Barbiera che, insieme al collega Giuseppe Fici, rappresenta l’accusa nel processo d’appello per la trattativa Stato-mafia. Si richiede una condanna a 9 anni di carcere per il reato di minaccia a corpo politico dello Stato. Il processo si svolge dinanzi al collegio presieduto da Adriana Piras.
“Mannino si deve uccidere”
L’accusa, nella sua requisitoria, ribadisce le dichiarazioni rilasciate dal pentito Giovanni Busca emerse già durante il primo grado di giudizio. Afferma Barbiera: “Il collaboratore ha dichiarato di aver ricevuto l’incarico di predisporre l’omicidio dell’imputato Calogero Mannino subito dopo l’attentato di Capaci. Inoltre Francesco Onorato ha confermato che l’odierno imputato “si doveva uccidere”. E anche l’ex capo mandamento Antonino Giuffrè, vicino al boss di cosa nostra Provenzano, ha detto che Flacone, Mannino e Lima erano nella lista delle persone da uccidere“. Prosegue Barbiera: “La lista è stata deliberata dalla riunione della commissione provinciale di Cosa nostra, riunitasi nel 1991 nel mese di dicembre. Decisione da adottare in caso di esito sfavorevole della sentenza del maxi processo da parte della Cassazione”. Calogero Mannino, secondo la ricostruzione dell’accusa, avrebbe attivato i carabinieri per fermare la strategia stragista dato che minacciato. Il che, secondo la tesi della procura generale, sarebbe stato il motore, l’avvio della trattativa tra lo Stato e la mafia.
Trattativa Stato-Mafia, due anni di udienze
Il processo è iniziato due anni fa, il 10 maggio del 2017. Due anni intense di udienze in cui è stata riaperta l’istruttoria dibattimentale dove, tra i vari teste, è stato riascoltato Brusca. L’assoluzione in primo grado era arrivata nel 2015. La scorsa settimana in corte d’assise d’appello di Palermo è cominciato il processo di secondo grado per gli altri imputati della Trattativa: ex ufficiali del Ros Mario Mori, Antonio Subranni e Giuseppe De Donno, i boss Leoluca Bagarella e Antonio Cinà, Massimo Ciancimino e Marcello Dell’Utri. Tutti condannati, al contrario di Mannino, a pene pesantissime. Il pentito Giovanni Brusca è stato assolto per prescrizione del reato.
Mannino: “Accusa priva di ogni fondamento e prova”
L’ex ministro Mannino smentisce l’accusa: “La richiesta che l’ufficio dell’accusa ha avanzato – afferma Mannino – è priva di ogni fondamento e prova. Se prova v’è, è quella di una pretesa pregiudiziale e fantasiosa. Anche alla stregua della stessa sentenza Montalto, che tutta la trattativa si riduca alla paura del sottoscritto e dalla sua ispirazione ad un generale dei carabinieri è soltanto una fake-news, è tesi priva di fondamento e consistenza, e quindi di prova. Sottolineo che la richiesta dei sostituti procuratori generali non è giudizio. Attendo fiduciosamente quello”.