NAPOLI – Ci vollero 21 anni per far luce su quello che è considerato uno degli episodi più sanguinari delle guerre di camorra, la cosiddetta “strage del bar Sayonara” del novembre 1989. Nel 2011 ci furono gli arresti, poi la macchina giudiziaria ha iniziato a fare il suo corso. Sono arrivate condanne pesanti. Ergastoli. Mandanti, esecutori e pianificatori sono stati identificati e il loro ruolo è stato cristallizzato nei provvedimenti della magistratura. Fu un eccidio in cui persero la vita due camorristi (Antonio Borrelli e Vincenzo Meo, affiliati al gruppo di Andrea Andreotti con i quali i Sarno erano entrati in rotta di collisione per la gestione degli affari illeciti a Ponticelli) e quattro persone innocenti che quel maledetto pomeriggio si trovavano all’esterno del bar gelateria Sayonara: Salvatore Tenaglia (53 anni), Domenico Guarracino (45 anni), Gaetano De Cicco (38 anni, dipendente del Comune di Napoli; fu identificato a fatica: aveva la faccia spappolata dai proiettili e in tasca nessun documento) e Gaetano Di Nocera (di 56 anni, cassintegrato dello stabilimento siderurgico Italsider di Bagnoli). Altre tre persone rimasero ferite: Antonio Cito (uomo dei Sarno), fu raggiunto da un proiettile alla gamba (e chiese a Pasquale Sarno il permesso di potersi recare in ospedale a farsi medicare), Domenico Viscovo (affiliato al gruppo di Andreotti).
Tra i feriti c’era anche una bambina. Luigi Piscopo ‘O Pazzignaro, è detenuto dal 5 novembre 2007 ed è stato trasferito presso il Carcere di Livorno il 24 luglio 2016. Lì sta scontando l’ergastolo per omicidio aggravato, rapina ed estorsione. Era un uomo dei Sarno quando i ponticellari erano vivevano la loro ascesa. Difeso dall’avvocato Giuseppe Perfetto, Piscopo ha presentato istanza di permesso premio subordinata all’accertamento di impossibilità o inesigibilità della collaborazione, anche se tale condizione non è più richiesta ai fini dell’ammissibilità del beneficio. E’ accertato che Piscopo non ha collaborato con la giustizia come si ricava dal parere contrario espresso dalla Dda di Napoli, che ha messo in evidenza l’esistenza di legami attuali del detenuto con la criminalità organizzata del territorio, attraverso forti vincoli di tipo familiare con persone coinvolte in una opera di ricostituzione dei Sarno. L’autorità giudiziaria ha passato in rassegna tutte le condanne di Piscopo. Ci sono sentenze di associazione mafiosa ed estorsione, ma anche la sentenza Corte d’Appello di Napoli del 23 gennaio 2015 che riguarda il delitto di strage in concorso commesso l’11 novembre del 1989 a Napoli.
Il giorno dell’eccidio del Sayonara. A Piscopo è stato contestato il delitto di strage per avere, in concorso con altre persone componenti di due nascenti organizzazioni camorristiche il clan Sarno e il clan Aprea, causato la morte di sei persone per acquisire la supremazia malavitosa sul territorio. La sentenza ricostruisce il contesto in cui è maturata la decisione di organizzare l’agguato da parte dei componenti del clan Sarno che dopo la scarcerazione di Ciro Sarno si era ricostituito e dopo avere stretto una sorta di accordo militare con il gruppo degli Aprea, con cui fu deciso di scambiarsi gli appoggi per gli agguati per conseguire il controllo del territorio, decisero di eliminare alcuni degli affiliati al gruppo avverso degli Andreotti. La decisione fu preceduta da una fase organizzativa e fase di recupero dei killer e delle armi. Tutti gli affiliati, tra cui Piscopo, furono convocati la mattina stessa dell’omicidio. Nella sentenza sono specificati oltre a Luigi Piscopo, i nomi dei soggetti che presero parte alla riunione e che nel pomeriggio parteciparono ai furti delle autovetture ed alla sparatoria con cui furono uccise diverse persone. Tutti i collaboratori hanno indicato che Ciro Sarno detto il piccolino faceva parte del gruppo di fuoco e fu messo alla guida di una delle due autovetture, indossando un passamontagna per non farsi riconoscere. Il commando operativo era infatti composto da sei persone. Piscopo è stato ritenuto ugualmente responsabile, non solo quale componente del vertice Sarno, ma per avere ideato ed organizzato l’agguato contro Andreotti sfociato nella strage cosiddetta strage di San Martino. Soprattutto era presente alla riunione che si tenne il giorno stesso della strage e sui cui hanno riferito tutti collaboratori di giustizia. Piscopo era poi rimasto al rione in quanto doveva operare per la programmazione post-delitto. In pratica il Tribunale di Sorveglianza ritiene che ora Piscopo, ras dei Sarno e ideatore della strage del bar Sayonara, non è più pericoloso. Ha la possibilità di avere permessi premio, beneficio che di solito viene riconosciuto a chi è collaboratore di giustizia. Ora potrà ottenere beneficiare di quei permessi, nonostante sia stato condannato all’ergastolo.