Strage di Bologna: ergastolo a Bellini

Definitiva la condanna per l'ex Avanguardia Nazionale per l'attentato del 2 agosto 1980 alla stazione, con 85 morti e oltre 200 feriti. A 45 anni dall'attentato alla stazione di Bologna, si è fatta più chiara la verità sui mandanti e gli esecutori.

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Foto LaPresse - Massimo Paolone 02/08/18 Bologna (Italia)

Con la condanna definitiva all’ergastolo per Paolo Bellini, ex di Avanguardia Nazionale, killer di ‘Ndrangheta, criminale dai mille volti, si è fatta luce sulle vicende giudiziarie dell’attentato del 2 agosto 1980 alla stazione di Bologna. La strage, che ha causato 85 morti e oltre 200 feriti, è stata definita come “il punto più alto della strategia della tensione”. A 45 anni da quel tragico giorno, la storia della bomba alla stazione è cambiata, molte ombre si sono diradate, e la verità è più chiara. Paolo Bolognesi, presidente uscente dell’associazione dei familiari delle vittime, ha dichiarato che questa condanna rappresenta “la chiusura di un cerchio”. Ha ricordato che già nel 1995, dopo le sentenze della Cassazione per Valerio Fioravanti e Francesca Mambro, parlava dei mandanti, suscitando incredulità. Ora, invece, ha aggiunto, c’è un quadro delineato nelle sentenze: i terroristi fascisti hanno commesso la strage, ideata e finanziata dai vertici della P2 di Licio Gelli, e coperta dai servizi segreti deviati. Inizialmente, i Nar “spontaneisti” Fioravanti, Mambro e Luigi Ciavardini, all’epoca diciassettenne, sono stati considerati gli unici responsabili, come stabilito dalle sentenze di Cassazione del 1995 e 2007. Successivamente, si è aggiunto Gilberto Cavallini, altro membro del gruppo, colpevole di aver fornito supporto logistico, ospitando i suoi sodali a Villorba di Treviso nei giorni precedenti alla strage. Cavallini è comparso davanti al giudice nel 2018, ed è stato condannato all’ergastolo dalla Corte d’Assise di Bologna, una sentenza confermata in Appello e diventata definitiva a gennaio 2025. Questo ha aggiunto un ulteriore tassello alla verità. Nelle motivazioni del processo di primo grado a Cavallini si parla di “strage politica”, “strage di Stato”. Il presidente dell’Assise, Michele Leoni, ha scritto che l’idea che l’imputazione per la strage di Bologna sia di nuovo implosa in un’ottica minimalista e spontaneista che riconduce tutto alla dimensione autarchica di quattro amici al bar che volevano cambiare il mondo lascia perplessi. Questa lettura si è sposata con l’impostazione portata avanti dalla Procura generale di Bologna che, dopo aver avocato l’indagine sui mandanti della strage, ha ottenuto il rinvio a giudizio di Bellini. La Procura ha ravvisato non solo i Nar, ma tutta la destra eversiva di quegli anni, legata ai Servizi deviati, impegnata in un’opera di destabilizzazione dell’ordine democratico. Bellini è tornato nelle aule giudiziarie come “il quinto” esecutore della strage, insieme all’ex capitano dei carabinieri Piergiorgio Segatel, per depistaggio (condannato in via definitiva a 6 anni), e all’ex amministratore di condomini Domenico Catracchia, per false informazioni ai pm (condannato in via defintiva a 4 anni). Ad inchiodare Bellini sono stati un video amatoriale che lo ritrae in stazione poco prima della strage e la testimonianza dell’ex moglie, che lo ha riconosciuto nelle immagini, facendo crollare il suo alibi. In aula, insieme ai parenti delle vittime, c’erano anche Licio Gelli, Umberto Ortolani, Federico Umberto D’Amato e Mario Tedeschi, tutti morti e non più imputabili, ma ritenuti dai pg i mandanti, finanziatori e organizzatori della strage. La Corte d’Assise ha scritto che l’idea che all’attuazione della strage contribuirono in modi non definiti, ma di cui vi è precisa prova nel documento Bologna, Gelli e il vertice di una sorta di servizio segreto occulto che vede in D’Amato la figura di riferimento in ambito atlantico ed europeo. Per arrivare ai mandanti, la Procura generale ha seguito i soldi che sono serviti a finanziare l’attentato alla stazione, distratti dal fallimento del Banco Ambrosiano da Gelli e Ortolani. La Corte d’Assise ha ritenuto plausibile una componente di natura retributiva, nel senso che coloro che hanno partecipato alla strage hanno percepito un compenso in denaro. Il messaggio del manifesto dei parenti delle vittime per il prossimo anniversario recita che sono passati 45 anni di trame e depistaggi per nascondere la verità, ma la determinazione dell’associazione dei familiari lo ha impedito. Si è chiuso un cerchio.

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