CASAL DI PRINCIPE – Ragazzi del posto, quasi tutti under 30 (alcuni già finiti nelle maglie della giustizia), e stranieri: sono loro ad animare il gruppo che sta cercando di mettere all’angolo Emanuele Libero Schiavone. Al vertice di questa gang ci sarebbe un 45enne (che ‘vanta’ in famiglia anche una persona assassinata in una guerra di camorra). E se negli ultimi anni è riuscito a radicarsi agevolmente nei business criminali ancora attivi nell’Agro aversano, è grazie agli spazi formatisi a seguito delle numerose indagini dell’Antimafia che hanno messo fuori gioco storici affiliati e le giovani leve che avevano iniziato ad orbitare intorno a loro. Il 45enne si sarebbe dedicato inizialmente all’organizzazione di furti in abitazioni, rapine e raid in aziende agricole (con annessi ‘cavalli di ritorno’). Più recentemente, a quanto pare, con la sua gang ha alzato l’asticella concentrandosi su spaccio di droga, estorsioni ai commercianti e bische.
Se fino a qualche anno fa chi aveva in mano il pallino del gioco criminale preferiva mantenere un profilo basso, evitando di tuffarsi in azioni violente, il leader di questo nuovo manipolo di malavitosi sembra avere, con le dovute differenze, un approccio più setoliano: impulsivo, pronto a sparare, disposto a fare rumore e a correre i rischi che ne conseguono. E con premesse del genere, l’ipotesi che le sue scorribande sfocino nel sangue inizia a diventare sempre più concreta.
Tornando all’analisi di questa gang, al suo interno avrebbe un ruolo di rilievo un 24enne casalese, già coinvolto in un’indagine su un raid di piombo verificatosi nel 2019.
A quanto pare, il gruppo, guidato dal 45enne, seppur sembrerebbe muoversi in autonomia, slegato dalle vecchie strutture malavitose, avrebbe sullo sfondo una regia bidognettiana. Dire, però, che sarebbe organizzato direttamente dai vertici di quella cosca (che da diverso tempo, ormai, si trovano al 41 bis) è sbagliato: a indirizzarla, invece, sarebbero i fedeli del boss Cicciotto ‘e mezzanotte ora liberi di circolare sul territorio. E alcuni di loro, almeno fino al 2021, avevano la possibilità di confrontarsi, nonostante si trovasse in carcere, nel reparto di alta sicurezza di Terni, con Gianluca Bidognetti Nanà (adesso è al carcere duro), figlio del capocosca Francesco e della napoletana Anna Carrino. Insomma, sarebbero loro, espressione della sola cosca sostanzialmente ancora strutturata e attiva militarmente, a sfruttare le scorribande di cui si rende protagonista il 45enne (è viva e vegeta anche quella degli Zagaria, ma è proiettata verso i business di alto livello, non disposta a rituffarsi nella guerriglia per controllare spaccio ed estorsioni).
Questo gruppo, di cui abbiamo provato a tracciare il contorno, avrebbe, di fatto, dichiarato guerra a Emanuele Libero Schiavone. Ma perché?
Il rampollo, tornato in città lo scorso aprile, dopo aver trascorso in cella 12 anni, avrebbe cercato di ottenere quel ruolo di leader mafioso che, prima del pentimento del genitore, Francesco Sandokan, probabilmente gli sarebbe stato riconosciuto naturalmente dagli altri affiliati. Nonostante la decisione del padre di collaborare con la giustizia, il giovane, che ha rifiutato il programma di protezione offertogli, ha deciso di restare a Casale. E anziché abbandonare le logiche mafiose e cambiare vita, avrebbe provato a imporsi sul territorio. Condotta che l’avrebbe portato a scontrarsi con chi aveva occupato, prima del suo arrivo, gli spazi vuoti, ovvero con la gang, diretta dal 45enne, che inneggia ai Bidognetti. E gli spari al portone della sua casa di via Bologna, dove ora vive da solo (il fratello Ivanhoe si è trasferito a Napoli), sarebbero la reazione, di chi venera Cicciotto ‘e mezzanotte, al tentativo del figlio di Sandokan di ritagliarsi un ruolo nello scenario criminale casalese.
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