Summit a Ischitella con il nipote del boss Zagaria, Nicola Inquieto svela il motivo del viaggio dalla Romania

476
Nicola Inquieto e Filippo Capaldo
Nicola Inquieto e Filippo Capaldo

CASAPESENNA – Aveva lasciato l’Agro aversano per stabilirsi a Pitesti, in Romania, dove investire i soldi del clan Zagaria. Ma Nicola Inquieto i legami con il territorio casertano non li ha mai recisi. Oltre a spedire alla famiglia del boss Capastorta i proventi delle attività imprenditoriali avviate all’e- stero, tornava periodicamente in Italia per raccordarsi con chi, di volta in volta, era chiamato a reggere le sorti della cosca dopo l’arresto di Michele Zagaria, avvenuto nel dicembre 2011. A raccontarlo ai magistrati Maurizio Giordano e Andrea Mancuso della Dda di Napoli è stato proprio Inquieto, che da pochi mesi ha avviato un per- corso di collaborazione con la giustizia. Il neo pentito ha riferito di un suo incontro avvenuto nel 2014 con Filippo Capaldo, nipote del capoclan, che in quel periodo da poco era tornato in libertà.
Inquieto ha spiegato di essersi recato in Italia appositamente dalla Romania perché Capaldo, in quella fase, rappresentava la famiglia Zagaria. Al centro del summit c’era una questione imprenditoriale delicata: il fratello Giuseppe, temendo un arresto a causa delle indagini sempre più serrate della Direzione distrettuale antimafia di Napoli sulla cosca di Casapesenna, voleva – ha riferito Nicola Inquieto – disfarsi dell’Aurora Service, società riconducibile al boss e da lui gestita.

Per procedere alla cessione delle quote era però necessario, però, il via libera degli Zagaria. Inquieto ha raccontato di aver organizzato l’incontro, per quella ragione, tramite Mario Nobis (condanno in primo grado per mafia a 4 anni e 8 mesi), figlio di ‘Scintilla’, storico braccio destro di Zagaria. Al summit, oltre a Nobis e Filippo Capaldo, ha riferito il collaboratore, era presente anche Francesco Capaldo, fratello di Filippo. Secondo Inquieto, da quell’incontro arrivò l’autorizzazione per Giuseppe Inquieto (in passato accusato di associazione mafiosa, ma assolto) ad alienare le quote della società a terzi. Queste dichiarazioni sono state depositate dalla Procura generale di Napoli nel processo d’appello ancora in corso, nato dall’inchiesta della Dda sui tentacoli del clan Zagaria sul centro commerciale Jambo – oggi confiscato e gestito da un amministratore giudiziario – e sulle presunte infiltrazioni nell’amministrazione comunale negli anni in cui il boss non era
latitante. Logicamente le informazioni rese da Inquieto anno riscontrati e valutate dai giudici.

LASCIA UN COMMENTO

Inserisci il tuo commento
Inserisci il tuo nome