Sylla Mamadou morto 24 ore dopo l’arresto a Caserta, indagati 3 medici per omicidio colposo

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Sylla Mamadou

SANTA MARIA CAPUA VETERE – Che potesse esserci qualcosa di sospetto lo si era intuito subito. La Procura di Santa Maria Capua Vetere (pm Alessandra Pinto) ha aperto un fascicolo per omicidio colposo, iscrivendo nel registro degli indagati tre medici: due in servizio all’interno del penitenziario e uno in forze al 118. L’inchiesta non cerca solo una causa di morte, ma una risposta alla domanda più lacerante: come si può morire così rapidamente, dopo essere stato sottoposto a cure, farmaci e procedure d’arresto? Il dramma di Sylla Mamadou Khadialy è iniziato la mattina di giovedì 25 settembre alla stazione ferroviaria di Caserta, in uno stato di forte agitazione che l’ha portato a compiere atti di violenza: l’aggressione a un uomo per sottrargli il cellulare, il tentativo di assalire un’anziana. Una condotta che cozza terribilmente con il ritratto fornito da chi lo conosceva. Come racconta l’avvocato Clara Niola, che ora rappresenta la famiglia, Sylla non era un uomo violento: “Sylla era uno straniero totalmente integrato nella società. Aveva le mani d’oro e lavorava in sartoria. Aveva un carattere docile e mansueto”.

Allora cosa ha scatenato quella furia? L’interrogativo è cruciale. La polizia ferroviaria interviene, subisce lesioni durante il blocco e l’uomo viene fermato. Da qui, inizia la corsa contro il tempo e la trafila burocratica che lo condurrà alla morte. Prima, il Pronto soccorso dell’ospedale di Caserta: esami, cure e la somministrazione di farmaci calmanti. Dimesso, viene condotto negli uffici della Polfer per le formalità dell’arresto. È qui che l’ombra del dubbio si allunga. Mentre si trovava in stazione, il 35enne senegalese è stato nuovamente visitato da personale sanitario del 118, probabilmente chiamato dagli agenti. E’ a questo punto che amici e familiari arrivati in loco vedono un medico e “una siringa”.

L’avvocato Niola solleva il velo sul mistero dei sedativi: “Dalle prime informazioni pare che gli abbiano somministrato dei calmanti, che tipo di sedativo non lo sappiamo. Ma c’è una tempistica da rispettare tra una dose e l’altra”. Una o due somministrazioni, una tempistica ignota, un farmaco non specificato: la catena di decisioni mediche prima dell’ingresso in carcere è ora il cuore pulsante dell’inchiesta. Da Caserta, Sylla viene trasferito al carcere di Santa Maria Capua Vetere per le procedure di immatricolazione. Un luogo di transito, che doveva trattenerlo solo fino all’udienza di convalida. Ma l’udienza non si è mai tenuta.

Intorno alle 14:38 del venerdì, l’avvocato Niola riceve la telefonata che nessuno vorrebbe: “Il suo assistito è deceduto”. La morte in cella, rapida e inattesa, ha trasformato il dolore privato in una richiesta collettiva di verità. “Sylla era uno di noi”, “Non si può morire così”, hanno urlato oltre cento immigrati radunatisi in Piazza Dante a Caserta, pochi giorni dopo la tragedia. I toni concitati della manifestazione riflettono lo sgomento e la paura: la paura che un uomo integrato, un lavoratore in sartoria dalle mani d’oro, possa scomparire in circostanze così torbide. “Non vogliamo accusare nessuno. Chiediamo solo la verità”, ha ripetuto l’avvocato Niola, chiedendo alla magistratura di non fermarsi alla sola causa di morte. Nelle scorse ore la prima svolta. Ieri pomeriggio sulla salma del 35enne è stato eseguito l’esame autoptico.

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