ROMA – Diciotti, Tav e ora anche una nuova grana dal Campidoglio: iniziano ad essere davvero tanti i dossier sul tavolo dei vertici M5S. Vere e proprie ‘bombe’ (politiche) da disinnescare al più presto per non vedere deflagrare i consensi proprio ora che i pentastellati hanno messo piede al governo. Peraltro alla vigilia di una tornata elettorale dal valore altissimo, come le europee del prossimo maggio.
Perché i sondaggi parlano chiaro: gli alleati leghisti volano oltre il 31-32%. Mentre la truppa di Luigi Di Maio sembra in costante trend negativo sotto al 30%. Se le rilevazioni statistiche dovessero essere confermate alle urne, la tenuta dell’accordo di maggioranza potrebbe avercelo, eccome, un contraccolpo.
Caso Diciotti, Salvini rischia il processo
Il rischio che Matteo Salvini finisca a processo davanti al Tribunale dei ministri di Catania, è di gran lunga il problema più difficile da risolvere. I Cinquestelle sono visibilmente spaesati dalla vicenda, perché votando sì alle richieste dei magistrati, non solo metterebbero il ‘socio’ nelle condizioni di dover evitare una condanna fino a 15 anni. Ma soprattutto sconfesserebbero la linea politica dell’esecutivo sul fenomeno dei flussi migratori.
Il premier Conte e il ministro Toninelli spalleggiano il leader della Lega
Il premier, Giuseppe Conte, il suo vice Di Maio e il ministro Toninelli si sono auto-chiamati in ‘correità’ con il collega, sostenendo con memorie scritte nere su bianco di aver condiviso la scelta del responsabile del Viminale di non far sbarcare i 47 migranti a terra l’estate scorsa, mentre si trovavano su un’imbarcazione della nostra Marina, dunque giuridicamente su suolo italiano.
Di contro, votando no alla richiesta di autorizzazione a procedere, difficilmente riuscirebbero a convincere tutto il loro elettorato che si tratta di una decisione politica. Perché sarebbe lo sdoganamento dell’immunità parlamentare da parte dei pentastellati: uno degli istituti della ‘casta’ più combattuti da Beppe Grillo e i suoi in questi anni. Salvare capre e cavoli, stavolta, sarà davvero dura.
Caos nella giunta Raggi, l’assessore all’Ambiente si dimette
Come se non bastasse, a complicare le cose è ancora una volta Roma. Non la città, ma la Giunta Raggi. Sembrava tornato il sereno sulla Capitale dopo l’assoluzione della sindaca prima di Natale. Ma le dimissioni dell’assessore all’Ambiente, Pinuccia Montanari, cascano come un fulmine nella quiete. La decisione è scattata dopo la bocciatura del bilancio dell’Ama, l’azienda municipalizzata dedita alla raccolta e smaltimento dei rifiuti, da parte dei suoi colleghi.
Decisione che Montanari ritiene “del tutto ingiustificata”, perché “getta un’azienda che dà lavoro a oltre 11mila romani in una situazione di precarietà che prelude a procedure fallimentari”. Per Virginia Raggi è il nono assessore che se ne va in due anni e mezzo di mandato. Per il M5S un’altra grana in più a cui mettere una toppa.
Tav, le grandi opere dividono Lega e M5S
Tav. È la madre di tutte le battaglie grilline, ma è anche il principale terreno di scontro con il Carroccio e le realtà industriali del cosiddetto Nord produttivo. L’analisi costi-benefici voluta dal Mit è servita a prendere tempo con gli alleati, ora che è stata chiusa, protocollata, tradotta e spedita a Francia e Commissione Ue (non ancora a Salvini). E’ arrivato il momento di decidere cosa fare dell’alta velocità Torino-Lione.
Di Maio non ne vuole sentir parlare, lo chiama ‘il buco’, mentre Salvini insiste a dire che l’opera va fatta. Anche in questo caso, il bivio è di quelli da far tremare i polsi. Accontentando la Lega il Cinquestelle rischia di perdere una fetta consistente di elettori; accontentando i No-Tav, invece, il pericolo è che siano il ministro dell’Interno, le sue truppe e i suoi voti, a cambiare aria. Insomma, le stelle non possono stare più a guardare.
(LaPresse/di Dario Borriello)