L’analisi dei costi di un programma Tv
o di una qualsiasi produzione audiovisiva, ci permette di capire le strategie che sono dietro le decisioni editoriali, ci permette di avere una radiografia sullo stato di avanzamento del paese in termini culturali, e sulle sue implicazioni, arrivando anche a quelle relative all’ intrattenimento.
È un sistema vecchio come il mondo: segui il flusso dei soldi e scoprirai il colpevole. In questo caso più che i colpevoli, ci interessa cercare di capire quanto, come, e per cosa sono investiti ingenti capitali di danaro pubblico, per produrre format televisivi. Ci interessa tentare di capire le logiche che hanno portato a queste scelte nel corso del tempo.
“Sul banco degli imputati” Affari tuoi
noto programma (game show), che dal 2003, imperversa nel preserale di Rai Uno. Tra i suoi presentatori, il fior fiore dei conduttori italici: Paolo Bonolis aprì le danze nel 2003 seguito da Pupo, poi toccò ad Antonella Clerici, poi arrivarono Flavio Insinna, e poco dopo Max Giusti, infine toccò a Carlo Conti dal1º aprile 2015, sino ad arrivare in tempi più recenti alla conduzione di Amadeus e all’ultimo arrivato in ordine di tempo Stefano De Martino.
Il programma è il caso di dirlo, “mi perseguita” da quasi venti anni
ogni volta che arrivo a casa di mia madre è lì, nel suo sgargiante formato come una specie di incubo in sedici noni, nel suo televisore. Mi sono sforzato nel corso del tempo, ho cercato di capirne il meccanismo. Mi sono impegnato, come quando all’ Università il professore spiegava concetti per lui semplici e per me ostici. Ho preso appunti, ho interrogato mia madre, una vera esperta, ma malgrado ciò la mia soglia di attenzione calava irrimediabilmente.
Pacchi, concorrenti, 20 regioni coinvolte, tenere il pacco con il premio più alto, le carte segrete, il Notaio, il Dottore, il conduttore, il pubblico inquadrato sullo sfondo, la grafica 3d, il gioco finale della regione fortunata.
Basta! Aiuto! Non capisco! Ma soprattutto perché? A cosa serve tutto questo? Quanto costa?
I conti sono facili, una puntata del programma costa chiavi in mano circa 100.000 Euro, dal 2003 sono state prodotte circa 2300 puntate, quindi facendo due calcoli viene fuori che sono stati spesi per produrre questo gioco 230.000.000 di Euro.
Sto male, ho bisogno di respirare, mi devo calmare, devo cercare di capire. Per tenere davanti al televisore per un’oretta al giorno circa 5/6 milioni di persone, dell’età media di 65 anni, spendiamo per ogni stagione televisiva circa 20 milioni di Euro. “Uh anema d’’o Priatorio!”.
Le logiche della televisione sono lontane e seguono criteri totalmente diversi dalla realtà,
e dai conti che io “massaia mediatica” sto tentando disperatamente di fare. Il concetto da affrontare in realtà non riguarda solo il danaro e le sue logiche, mi investe una sfera molto più intima e profonda che ha a che fare con i rapporti umani, con la trasformazione della società e con il disperato bisogno di compagnia, che la televisione cerca di colmare, proponendo spettacoli e programmi sempre meno umani.
Sono lontani i tempi in cui l’aspetto didattico e divulgativo erano alla base delle scelte editoriali della televisione italiana.
Dagli anni ottanta, progressivamente la nostra televisione ha cominciato ad importare format dall’ estero, soprattutto dagli Stati Uniti, dove le logiche imperanti erano e sono imperniate, sulle gare, sullo scontro, sulla semplificazione, e sulla possibilità di guadagnare danaro, tanto danaro, facilmente e velocemente.
Il pubblico si trova all’ interno di una specie di Casinò televisivo,
dove i concorrenti sono impegnati in attività varie, per cercare di battere il banco. Slot Machine, e roulette sono sostituiti da giochi e gare assortite, Croupier vestiti da conduttori, “Notai” e “Dottori” fanno da Banco.
Intere generazioni imbambolate a casa, obnubilate da luci fantasmagoriche e vincite strabilianti.
Venghino signori! Venghino, lo spettacolo ha inizio alle 20,35, per voi ricchi premi, e la speranza di liberarvi dalla solitudine per almeno sessanta minuti.
ELABORAZIONI GRAFICHE A CURA DI Silvana Orsi