MILANO – Ashleigh Barty profeta in patria. La campionessa australiana ha vinto il titolo femminile degli Australian Open, prima prova stagionale del Grande Slam, battendo in finale l’americana Danielle Collins con il punteggio di 6-3, 7-6 (2) in meno di due ore di gioco. Barty diventa così la prima australiana a vincere lo Slam di casa dal 1978, quando Chris O’Neill sconfisse Betsy Nagelsen. Non a caso sulla numero 1 del Mondo c’era una pressione fortissima, con tutto il pubblico della Rod Laver Arena a spingerla per riportare a casa un trofeo che mancava da ben 44 anni. Diventa anche la seconda tennista in attività dopo Serena Williams ad aver vinto un major su tutte le superfici, dopo i trionfi sull’erba di Wimbledon nel 2021 e sulla terra rossa del Roland Garros del 2019. Ora l’obiettivo di ‘Ash’ è vincere gli Us Open per completare uno storico ‘career Grande Slam’.
Barty, prima ‘aussie’ a trionfare nella nuova sede di Melbourne, ha ricevuto il trofeo da Evonne Goolagong, campionessa in Australia nel 1977, a cui la unisce una comune discendenza aborigena e l’aver raggiunto la vetta della classifica WTA. “E’ stata una delle esperienze più belle di sempre – ha detto la numero 1 del mondo -. Sono felice che oggi qui ci sia anche la mia famiglia. Siete stati eccezionali. Ho realizzato un sogno. E mi sento molto fiera di essere australiana”. Il primo set della finale, vede l’americana Collins, con il suo tennis potente e la curiosa abitudine di non sedersi ai cambi campo, consegnare il break del 4-2 alla Barty con un doppio fallo. Esulta sulla Rod Laver Arena anche Russell Crowe quando l’idolo di casa chiude il set sul 6-3. Nella seconda frazione, Collins reagisce di rabbia e scappa via fino al 5-1 con due break. Qui l’americana improvvisamente si inceppa e subisce una clamorosa rimonta da parte della Barty. Il set e il match si decide quindi al tie-break, dominato dalla Barty per 7 punti a 2. Il resto è storia.
E per riscrivere la storia scenderà in campo domani mattina (di sera in Australia, ndr) Rafa Nadal nella finale maschile contro l’orso russo Daniil Medvedev. Il campione spagnolo, ex numero 1 del Mondo scivolato al n.6, va a caccia del suo secondo titolo a Melbourne dopo quello del 2009 e per fermare una striscia di quattro finali perse di fila (due contro Djokovic, una contro Federer e Wawrinka). Ma soprattutto Nadal punta a diventare il primo tennista nella storia a vincere 21 prove del Grande Slam in singolare, staccando i suoi due rivali di sempre Federer e Djokovic. “Sto prendendo le cose in modo diverso. Naturalmente sono sempre io, con il mio spirito competitivo oltre il quale non posso andare. È il mio DNA personale”, ha detto Nadal dopo aver battuto l’azzurro Matteo Berrettini in semifinale. “A fine giornata, rendermi conto di poter giocare e di farlo a questi livelli è molto più importante che vincere il ventunesimo Slam. La felicità dipende dalla possibilità di fare ciò che mi piace”, ha aggiunto il fuoriclasse di Manacor.
Sulla strada di Nadal verso la leggenda c’è ancora Medvedev, già battuto dallo spagnolo nella finale degli Us Open nel 2019. Quella era la prima finale Slam per il russo, che successivamente ha giocato e perso la finale a Melbourne lo scorso anno contro Dojovic e vinto proprio contro il serbo il suo primo major in carriera a New York. Il Medvedev che scenderà in campo domani è sicuramente un giocatore più maturo, ma ancora soggetto a scatti d’ira pericolosi come quello contro l’arbitro nella semifinale con Ttitsipas. Dopo aver spento il sogno di Dijokovic di completare il Grande Slam nel 2020, ora Medvedev punta a scalzarlo dalla poltrona di numero 1 vincendo il suo secondo Slam e impedire a Nadal di battere il record di titoli major in carriera. “Ho la possibilità affrontare di nuovo Nadal. La prima volta è stata una partita combattuta, epica. Cercherò di prepararmi bene, ho imparato che devi andare oltre il 100% per vincere. Questo è quello che sono riuscito a fare agli US Open con Djokovic. Questo è quello che cercherò di fare domenica”, ha dichiarato Medvedev. L’orso russo è pronto a ruggire.
di Antonio Martelli