CASERTA – Le autorità italiane mettono a rischio la vita degli abitanti della Terra dei Fuochi e “non hanno adottato misure” per proteggerli. Lo ha stabilito la Corte europea dei diritti umani, accogliendo parte delle decine di ricorsi presentati a Strasburgo da residenti e associazioni del territorio: ora l’Italia ha due anni per introdurre misure che risolvano l’emergenza in un territorio dove l’impennata di malattie gravi e decessi è stata confermata anche da studi scientifici ufficiali. I ricorrenti denunciano danni alla salute (dai problemi respiratori al linfoma) per l’inquinamento: secondo quanto si legge nella sentenza, erano 41 cittadini italiani residenti nelle province di Caserta e Napoli e cinque organizzazioni con sede in Campania. La Corte ha riconosciuto un rischio di morte “sufficientemente grave, reale e accertabile”, che può essere qualificato come “imminente”. I giudici inoltre ritengono che “non ci siano prove sufficienti di una risposta sistematica, coordinata e completa da parte delle autorità nell’affrontare la situazione della Terra dei Fuochi”. I progressi nel valutare l’impatto dell’inquinamento sono stati lenti, e non è stato combattuto a sufficienza lo smaltimento illegale di rifiuti. E’ mancata una “comunicazione completa e accessibile, per informare il pubblico in modo proattivo sui rischi potenziali o reali per la salute e sulle azioni intraprese per gestire tali rischi. Anzi, alcune informazioni sono state coperte per lunghi periodi dal segreto di Stato”, scrive la Cedu con riferimento alle dichiarazioni che il pentito Carmine Schiavone rese già nel 1997 alla Commissione ecomafie sull’interramento dei rifiuti tossici (“Entro vent’anni rischiano tutti di morire”), desecretate solo nel 2013.
Grande soddisfazione, venata di amarezza, per i ricorrenti che dedicano la sentenza alla memoria delle vittime dell’inquinamento. “Hanno finalmente avuto giustizia, ma quelle vite non ce le restituirà nessuno”, dice Alessandro Cannavacciuolo, 36 anni, nipote di Vincenzo e figlio di Mario, i due pastori di Acerra che ebbero per primi il coraggio di denunciare cosa accadeva nelle loro campagne, mostrando gli agnelli deformi – senza orecchie o con un occhio solo – nati nelle greggi che mangiavano erba avvelenata e bevevano acqua contaminata. La stessa acqua, e i prodotti di quella terra, finivano nelle case dei residenti. Lo zio di Alessandro è morto di tumore, e non si contano i casi analoghi nei comuni più colpiti. Nel febbraio 2021 la Procura di Napoli Nord, con l’Istituto superiore di sanità, presentò un dossier che dimostrava la correlazione tra alcuni tipi di cancro (soprattutto al seno e leucemie) e l’alto grado di inquinamento ambientale.
Il caso “riguarda lo scarico, l’interramento e l’incenerimento di rifiuti, spesso effettuati da gruppi criminali organizzati, in alcune zone della Terra dei Fuochi, dove vivono circa 2,9 milioni di persone. Nell’area interessata è stato registrato un aumento dei tassi di cancro e dell’inquinamento delle falde acquifere”.
Basandosi sulla Convenzione europea dei diritti dell’uomo, si legge, “i ricorrenti lamentano, in particolare, che le autorità italiane erano a conoscenza della situazione, ma non hanno adottato misure per proteggerli dello smaltimento, dall’interramento e dell’incenerimento illegali di rifiuti pericolosi nel loro territorio, e che le stesse autorità non hanno fornito loro alcuna informazione in merito”.
Ma secondo la Procura di Napoli, notano i giudici europei, in base ai dati aggiornati al 31 dicembre 2016, in circa il 95% dei casi i colpevoli di roghi di rifiuti restano ignoti.
La Corte ha stabilito un risarcimento di 40mila euro complessivi per le spese legali per alcuni dei ricorrenti: Mario Cannavacciuolo, 74 anni, residente ad Acerra, Maria Jose Ardizzone, classe 1932, di Casal di Principe, Luciano Centonze, classe 1938, di Acerra, Dario Letizia, classe 1972, di Casal di Principe, Rosa Auriemma, classe 1940, di Caivano, Giuseppina Campolattano, classe 1956, di Maddaloni, Maria Lucia Capaldo, classe 1982, di Casapesenna.
Nel collegio difensivo gli avvocati Armando Corsini, Giuseppe Ambrosio, Antonella Mascia, Valentina Centonze, Salvatore Forgione e Antonella Forgione.
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