Terreni di Sandokan, il ruolo dei mediatori: un sanciprianese e un geometra tra i protagonisti della compravendita del fondo

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Ivanhoe Schiavone e Pasquale Corvino

CASAL DI PRINCIPE – Il vero proprietario, Francesco Sandokan Schiavone. Il suo presunto prestanome, Pasquale Corvino. Chi ha coltivato quei terreni per anni, un agricoltore di Casale. E infine l’acquirente, cioè la famiglia Natale. Sono loro i protagonisti del la storia della ‘terra’ di Selvalonga: un’area di 13 ettari, a pochi passi dall’aeroporto di Grazzanise, sequestrata lo scorso luglio dal Tribunale di Napoli su richiesta
della Direzione distrettuale antimafia partenopea. Quello slargo (diviso in due appezzamenti), secondo la Dda, fu comprato negli anni Novanta dal capoclan dei Casalesi e lasciato intestato al proprietario originario – Romolo Corvino (deceduto), padre di Pasquale – proprio per evitare possibili aggressioni patrimoniali da parte dello Stato nella sua lotta ai patrimoni mafiosi.

Quando Ivanhoe Schiavone, figlio di Sandokan, nel 2020 ebbe bisogno di soldi, sostiene l’accusa, decise di vendere il terreno. Avvertì così Pasquale Corvino (oggi residente a Formia) e con lui, prima di tutto, si preoccupò di evitare che l’agricoltore che l’aveva coltivata per anni avanzasse pretese sull’acquisto. Poi si passò alla vendita. Prezzo pattuito: 315mila euro. Questa, in sintesi, è la vicenda portata alla
luce dall’indagine dei carabinieri del Nucleo investigativo di Caserta, grazie a intercettazioni, interrogatori di persone informate sui fatti,
dichiarazioni di collaboratori di giustizia e riscontri documentali.

Ma tra i protagonisti elencati manca finora una figura fondamentale: chi ha curato la compravendita. L’attività dei carabinieri ha permesso
di individuarlo. In realtà, i mediatori sarebbero due. Il primo, secondo quanto accertato dai militari dell’Arma, è un sanciprianese che fece concretizzare il contratto di affitto dei terreni – intestati ai Corvino – all’agricoltore di Casale. Il secondo è un geometra, anche lui di Casal di Principe. Il sanciprianese, stando al materiale in possesso degli investigatori, avrebbe avvicinato il conduttore del terreno (a cui aveva procurato il fitto) dopo che Ivanhoe Schiavone gli si era presentato chiedendogli di abbandonare l’area. Sarebbe stato proprio lui a informare l’agricoltore che avrebbe poi dovuto incontrare Pasquale Corvino, alla presenza – ed è qui che entra in scena il secondo mediatore – del geometra casalese.

Il conduttore, come ha raccontato agli inquirenti, preso atto del coinvolgimento degli Schiavone nell’operazione, si fece da parte, dimostrandosi di sposto ad annullare il con tratto di fitto ancora in vigore. Insomma, temendo conseguenze in caso di un suo ‘no’, lasciò perdere. Il geometra, a dimostrazione di quanto avesse a cuore la vicenda, si preoccupò ad dirittura di accompagnarlo presso la Coldiretti per accertarsi che il contratto venisse effettivamente annullato in modo regolare. Il geometra, secondo una delle ipotesi che i carabinieri stanno vagliando, sarebbe un tecnico di fiducia della famiglia Schiavone.

La domanda ora è inevitabile – e sicuramente se la sono posta anche gli inquirenti, a cui spetta dare una risposta: questi mediatori, e an
che chi ha acquistato i terreni garantendo a Ivanhoe Schiavone di trasformare in contanti i beni su cui aveva investito il padre, erano
consapevoli dell’origine mafiosa di quelle proprietà a Selvalonga? Dalla risposta a questo interrogativo dipenderà l’eventuale estensione dell’indagine ad altri soggetti (al momento ha portato in carcere, con misura cautelare, Ivanhoe Schiavone e Pasquale Corvino, accusati
di riciclaggio ed estorsione ai danni dell’agricoltore che aveva in affitto i terreni).

Ad oggi, tuttavia, stando al provvedimento di arresto, né i mediatori né i Natale acquirenti risultano formalmente coinvolti nell’inchiesta (che è ancora in corso). Naturalmente, tutti i protagonisti di questa vicenda sono da considerare inncenti fino a eventuale sentenza definitiva di condanna.

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