“Terreno fertile per la camorra”, nei guai 7 ex amministratori

"Terreno fertile per i clan", 7 ex amministratori nei guai
"Terreno fertile per i clan", 7 ex amministratori nei guai

CAIVANO – Con le loro condotte scriteriate e la disinvolta gestione dei soldi pubblici, avrebbero condotto al tracollo finanziario un Ente locale già afflitto da svariate e incancrenite problematiche gestionali, creando un terreno favorevole allo sviluppo della criminalità organizzata ed alimentando un generale clima di illegalità, recentemente balzato, anche per altri, spesso consessi episodi, agli onori della cronaca. E’ la sintesi del pensiero della Corte dei Conti, che ha messo sotto i riflettori ex amministratori comunali di Caivano. Ieri i carabinieri della compagnia di Caivano hanno dato esecuzione alla notifica ad un ex sindaco e sei ex assessori del Comune di Caivano, nell’arco temporale compreso tra l’anno 2006 e l’anno 2015, del ricorso per responsabilità sanzionatoria conseguente al dissesto finanziario dell’Ente, deliberato dal Consiglio comunale nel 2016, con delibera numero 38/2016. Sotto inchiesta Antonio Falco, sindaco dal 2010 al 2014, gli ex vicesindaci Bartolomeo Perna (oggi preside dell’Ic 3 del Parco Verde) e Francesco Casaburo, gli ex assessori Enzo Pinto, Antonio De Rosa, Giulio Di Napoli e Vincenzo Semonella. La Corte dei Conti chiede un risarcimento totale di 250mila euro circa e 10 anni di ineleggibilità alle cariche pubbliche. L’ex primo cittadino Falco dovrebbe versare 69mila euro, tutti gli altri 31mila euro a testa. Ovviamente contro questo provvedimento è ammesso ricorso nelle sedi opportune. La prima udienza si terrà a gennaio.

Le complesse e articolate indagini delegate dalla Procura  pm Licia Centro e Davide Vitale – assistite da copiosa documentazione contabile raccolta agli atti e da consulenze tecniche specialistiche, hanno consentito, all’esito di un lungo percorso istruttorio iniziato nel 2016 al momento della ricezione della delibera di dissesto trasmessa dal segretario generale dell’Ente, di suffragare l’ipotesi di responsabilità, ora sottoposta al vaglio della locale sezione giurisdizionale, dei suddetti amministratori locali.

Dalle pagine del ricorso con cui è stata contestata agli ex amministratori del Comune di avere causato il dissesto con le loro condotte scriteriate, gravemente colpose, emerge come i bilanci, approvati dalla compagine amministrativa convenuta in giudizio, fossero caratterizzati dalla esposizione di residui attivi inesistenti, che alimentavano una fittizia capacità di spesa, da una massiccia mole di debiti fuori bilancio, frutto di una gestione degli appalti improntata alla illegalità, come accertato anche dall’Anac in una indagine amministrativa concomitante, con una totale assenza di qualsiasi provvedimento atto e/o direttiva volto a sanare le rilevantissime criticità contabili, tra cui spicca anche la bassissima capacità di riscossione delle entrate, sensibilmente inferiore alla media nazionale. Alcuni degli amministratori chiamati in causa (tra cui Antonio Falco) risultano peraltro essere già stati oggetto delle attenzioni della Procura contabile con riferimento alla incresciosa vicenda della gestione degli alloggi di Erp del Parco Verde, vicenda oggetto di una ponderosa e ampiamente motivata sentenza di condanna della locale sezione giurisdizionale laddove si evidenziano soprattutto le condotte e il ruolo proprio di Falco, dominus di un sistema di illegalità nella gestione complessiva dell’ente, che si specchiava in bilanci contrastanti con le più elementari regole della contabilità, e in primis, con i principi di veridicità e prudenza nella formazione dei bilanci pubblici. All’esito della ricostruzione delle condotte e del loro impatto causale sul tracollo finanziario dell’ente, la Procura ha chiesto per gli ex amministratori convenuti, la condanna alla sanzione pecuniaria prevista dalla normativa sui dissesti pubblici nella misura massima possibile, vale a dire venti volte l’importo della indennità di carica da ultimo percepita dal Falco e dagli assessori chiamati in giudizio. L’applicazione di detto criterio ha portato alla richiesta di applicazione di sanzioni pecuniarie per un ammontare complessivo di 256.059,60 euro oltre alla richiesta di applicazione, per tutti, della sanzione interdittiva di cui all’articolo 248 del Tuel, comma 5, la quale prevede l’impossibilità di ricoprire, per un periodo di dieci anni, incarichi di assessore, di revisore dei conti di enti locali e di rappresentante di enti locali presso altri enti, istituzioni e organismi pubblici e privati. 

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