di Maria Elena Ribezzo
Trieste, 7 apr. (LaPresse) – Era già pronto a colpire con un ordigno rudimentale la scuola che frequentava, il minorenne fermato a Trieste dalla sezione contrasto al ‘Cyberterrorismo’ della polizia postale. Nato in Italia da genitori di origine algerina, gestiva due gruppi chiusi e diversi canali Telegram in cui inneggiava alla Jihad e teneva le fila di una rete di combattenti e simpatizzanti: la polizia gli contesta proselitismo a favore dell’Isis mediante diffusione e traduzione di contenuti propagandistici.
Quando è stato fermato, nel suo zaino c’erano diversi documenti scritti a mano in arabo e una bandiera del Califfato. Nei suoi canali venivano pubblicati messaggi di propaganda realizzati in arabo dai media ufficiali dello Stato Islamico e tradotti in italiano, rivolti in particolare ai ‘lupi solitari’. “‘Salve, come faccio a far passare una cintura esplosiva attraverso le porte automatiche?”, domandava. “Il materiale utilizzato nella cintura deve essere il […] – rispondeva un militante – Si tratta di un materiale plastico inodore per cui è impossibile che venga scoperta sia dai cani addestrati che dagli apparati di controllo degli aeroporti. E´ possibile che superi i controlli dell’aeroporto con la stessa facilità con cui vengono superati da qualsiasi pezzo di plastica. Con la volontà di Allah ne parleremo dettagliatamente nei prossimi giorni dando indicazione su come fabbricarlo”.
Le indagini dell’operazione ‘Ansar’ per identificare i membri del canale Telegram ‘Khilafah News Italia’, in collaborazione con la digos, sono partite a dicembre del 2016. Il canale era frequentato da circa 200 utenti e consentiva la pubblicazione di messaggi testuali, immagini, video e audio solo all’amministratore. Tra i contenuti c’era la traduzione in italiano della rivendicazione dell’attentato terroristico di Berlino il 19 dicembre 2016. L’hashtag #califfatoIT, presente in tutti i post, aveva la doppia funzione di indirizzare i contenuti ai sostenitori e simpatizzanti dello Stato Islamico presenti in Italia e di indicare a livello internazionale la presenza di una “sezione” italiana attiva.
Ma non solo: c’erano anche i link di collegamento ad altre piattaforme per la condivisione di video – come Youtube, Google Photos e Google Drive -, dai quali era possibile visualizzare video in arabo con sottotitoli in italiano, con una traduzione perfetta. L’individuazione dell’amministratore del canale, spiega la polizia, è stata particolarmente difficile per l’utilizzo di tecniche di anonimizzazione evolute (connessioni attraverso servizi di VPN e nodi TOR). Il ragazzo, spiegano gli agenti, ha una padronanza linguistica “non comune” e una conoscenza approfondita dei principali testi sacri dell’Islam. Ha poi una “forte determinazione” a svolgere un ruolo da leader e da punto di riferimento per chi voleva aderite alla causa jihadista. E’ per questo che aveva creato un canale dal titolo in arabo ‘Stato Islamico frontiera d’Europa’ con circa 60 membri, affidando ai componenti del gruppo la traduzione in lingua spagnola, francese e italiana delle notizie che lui stesso reperiva, per diffonderle nel modo più capillare possibile.
In una delle tante conversazioni intercettate, si rendeva disponibile a fornire aiuto per raggiungere lo Stato Islamico e unirsi alle fila dei combattenti, scrivendo: “Ma volevo dire che ti posso aiutare nella tua impresa: Akhi lo faccio perché è un piacere ed è un dovere. Non avrai solo indicazioni. Ci sono molti fratelli che sono in fila. Comunque tu non abbassare mai la guardia”. Il ragazzo si dedicava anche a un’attività “formativa”, sulla progettazione e la costruzione di ordigni artigianali, così come esplicitato in un video che pubblicizzava nel suo canale Telegram. “Il fratello ci ha messo 15 minuti per creare una bomba”, scriveva e ancora: “il materiale è roba semplice che compri al supermercato”.
Nei suoi confronti è già stato avviato un percorso di recupero e deradicalizzazione.