E’ uno stralcio di quella condotta dalla Dda di Napoli l’inchiesta che ha fatto scattare, ieri mattina, gli arresti di ex amministratori, imprenditori e tecnici a Teverola. Ad innescare questa attività investigativa, gli attentati incendiari, andati in scena nel 2019, che hanno avuto come vittima Roberto Vitale. Il primo fu subito dall’imprenditore presso la cappella gentilizia di famiglia nel cimitero di Teverola, il secondo interessò la sua società assegnataria dell’appalto per il servizio della pubblica illuminazione presso il Comune. Si tratta di eventi che l’uomo d’affari denunciò, portando l’Antimafia di Napoli ad aprire un fascicolo teso a far luce su questi accadimenti.
Secondo Vitale, gli attentati erano il frutto di un disegno ben preciso collegato all’appalto ventennale per la gestione della pubblica illuminazione a Teverola, vinto dalla sua ditta, la Vitale One Srl, nel 2011.
Vitale aveva legato gli episodi a un conflitto con l’allora sindaco di Teverola, Tommaso Barbato.
L’imprenditore all’autorità giudiziaria riferì di una situazione tesa, che sarebbe culminata in una riunione con i vertici comunali, dove gli venne chiesto di “sedersi a tavolino” per risolvere una questione legata ad alcuni appalti pubblici, tra cui il rifacimento delle strade di Teverola. L’ipotizzata proposta di compromesso, però, venne rifiutata da Vitale, preoccupato per l’integrità della sua famiglia e per la natura poco chiara della ditta incaricata di alcuni lavori.
Le indagini, spinte dalla sua denuncia, proseguirono con intercettazioni telefoniche che, ritiene la Procura, confermarono i sospetti di Vitale: le sue accuse si concentravano su una rete di complicità tra ex amministratori e imprenditori locali. L’attenzione, nel prosieguo dell’attività investigativa, si spostò anche su Biagio Lusini, ex primo cittadino di Teverola, indicato da Vitale come il “vero sindaco” (nonostante a ricoprire quella carica, al tempo, ci fosse Barbato) e principale oppositore agli appalti vinti dalla sua società.
Le prime risultanze del lavoro dei miliari misero in luce, scostandosi anche dalla vicenda Vitale, gli intrecci tra politici, imprenditori e tecnici, che a più riprese cercarono di influenzare i lavori pubblici nel comune, in particolare quelli legati alla riqualificazione urbana di Teverola.
I raid incendiari e le intimidazioni che hanno visto vittima Vitale non sono contenuti nell’indagine che, con gli arresti di ieri, ha tramortito la politica teverolese, ma sono oggetto di un altro filone di inchiesta ancora in corso.