TOKYO – Federica Pellegrini non muore mai. A Tokyo la ‘Divina’ scrive un’altra pagina della sua incredibile storia conquistando nei 200 stile libero la quinta finale consecutiva nella stessa disciplina. Un record mai raggiunto prima da una donna. L’unico a riuscire nell’impresa ‘sua maestà’ Michael Phelps nei 200 farfalla. E pensare che in batteria Pellegrini ammette di aver fatto una gara “di m….”. Ma la capacità dei fuoriclasse è proprio quella di saper resettare tutto e ripartire. Dopo averci dormito su in semifinale è un’altra Federica: 1’56″44 dalla corsia laterale e settimo crono complessivo. Poi è solo tempo per le lacrime, di gioia. “Era questo l’obiettivo della mia Olimpiade ed era più che mai difficile perché il livello si è alzato molto”, spiega. Nell’ultima finale olimpica della sua carriera la veneta penserà soltanto a divertirsi, anche perché “il reparto medaglie è chiuso. In carriera mi sono sempre data obiettivi fattibili e questo per me non è raggiungibile in questo momento. E’ un anno che nuoto 1’56” e so bene ciò che posso ottenere.”. Secondo l’azzurra a dominare la finale sarà l’australiana Titmus, che andrà pure molto vicina al suo straordinario record del mondo che resiste dal mondiale 2009 di Roma (1’52″98). “Io tifo sempre per quella linea rossa….”, dice a riguardo sorridendo Pellegrini.
La manifestazione iridata nella piscina del Foro Italico, la sua preferita in assoluto, fu uno dei punti più alti della carriera di Pellegrini insieme alla medaglia d’oro ai Giochi di Pechino 2008. Prima di allora arrivò quella d’argento, per un’inezia, ad Atene 2004 a soli 16 anni e 12 giorni che la fece scoprire all’Italia intera e al mondo. A Londra 2012 invece fu una delusione enorme, a Rio 2016 un quarto posto amaro compensato, solo parzialmente, dalla gioia di essere la portabandiera della spedizione olimpica. Per tornare a gareggiare nuovamente sotto ai cinque cerchi c’è voluto un lustro. Ma nemmeno lo spostamento dei Giochi a causa della pandemia la abbatte. Un’altra stagione di sacrifici sotto la guida di Matteo Giunta e, dopo una batteria anonima con una semifinale acciuffata per i capelli, l’ennesima pennellata d’autore. Come la fenice tatuata sul suo collo Fede risorge sempre.
(LaPresse)