MILANO – All’indomani della comunicazione da parte del cda di Tim di risultati preliminari gestionali per l’esercizio 2018 sotto alle attese di mercato, il titolo della società delle telecomunicazioni paga un pesante pegno a Piazza Affari, chiudendo la seduta di contrattazioni con un arretramento del 7,2% a 0,48 euro.
Un calo che ne fa nettamente il peggior performer di giornata sull’indice della Borsa di Milano
Il tonfo è stato accompagnato da un duro scambio di battute tra l’azionista di maggioranza Vivendi e la stessa società.
“Riteniamo che la drammatica performance del titolo di Tim, che ha perso circa il 45% dal 4 maggio 2018, rappresenti un vantaggio economico per Elliott“, attacca un portavoce di Vivendi, sottolineando che “alla luce delle circostanze attuali, il fondo genererà ancora più cash visto che il collar, che protegge Elliott da qualsiasi calo del titolo, può essere utilizzato a partire dal 5 febbraio“.
Un riferimento, quest’ultimo, alle opzioni a disposizione del fondo per la protezione finanziaria del proprio investimento. “La comunicazione diffusa ieri aveva l’obiettivo di incolpare Amos Genish“, afferma ancora il portavoce, anticipando che – qualunque sia l’esito dell’assemblea fissata per il prossimo 29 marzo – il gruppo transalpino “riafferma con forza il diritto di convocare una nuova assemblea degli azionisti in estate, qualora la governance e i risultati economici della società non migliorino significativamente“.
Parole alle quali risponde a stretto giro la società, sempre attraverso un portavoce, ricordando che “informare il mercato non solo è buona prassi, ma anche un obbligo di legge in questo Paese. Pertanto il cda di ieri, avendo ricevuto informazioni rilevanti sull’andamento gestionale della società, ha ritenuto opportuno comunicarle”.
Per quanto riguarda i risultati, è la stoccata finale, “essi sono stati il risultato di un piano e di un amministratore delegato indicati a suo tempo da Vivendi”.
Oltre i due litiganti, a farsi sentire sono anche i piccoli azionisti, che ribadiscono l’auspicio di vedere un maggiore attivismo da parte del terzo socio forte della società, quello a controllo pubblico.
Per Franco Lombardi, presidente dell’associazione Asati, è infatti “indispensabile che Cdp debba assumere al più presto un ruolo più incisivo e debba dare un importante contributo per trovare una soluzione sulla governance, nell’interesse di Tim e del Paese”.
(LaPresse)