Reggio Emilia (LaPresse) – Un imputato condannato pochi giorni fa nel maxi-processo di ‘ndrangheta Aemilia, Francesco Amato, si è asserragliato dentro l’ufficio postale di Pieve Modolena, quartere di Reggio Emilia. L’uomo, condannato a 19 anni e 1 mese, è armato di coltello. Secondo la prima ricostruzione, avrebbe preso in ostaggio alcuni dipendenti, tra cui la direttrice, facendo uscire tutti i clienti. I carabinieri hanno avviato una trattativa per liberare gli ostaggi. Le forze dell’ordine hanno chiuso le strade.
Tutti i condannati del processo finiti in carcere o ai domiciliari
Subito dopo la lettura della sentenza del maxi processo ‘Æmilia’ di mercoledì, i carabinieri dei comandi provinciali di Piacenza e Modena, unitamente all’Arma territoriale della provincia di Reggio Emilia, hanno eseguito una misura cautelare. Che è stata infatti emessa dal tribunale di Reggio Emilia. Su richiesta quindi della Dda di Bologna, portando in arresto i condannati ancora liberi, ritenuti “pericolosi”. Le porte del carcere si sono aperte per Alfredo Amato, Carmine Belfiore, Antonio Crivaro, Giuseppe Iaquinta, Antonio Muto, 41 anni, Luigi Muto, Francesco Lomonaco. Ed anche Eugenio Sergio, Giuseppe Vertinelli e Palmo Vertinelli, mentre Carmine Arena e Graziano Schirone sono stati ristretti agli arresti domiciliari.
La sentenza di primo grado del processo Aemilia conferma che la ‘ndrangheta emiliana è una realtà criminale che ha agito in modo autonomo. E si è radicata profondamente in regione. Ora nessuno può piu’ dire ‘non sapevo’ e chi continua a sottovalutare la presenza criminale o addirittura a negarla diventerebbe complice della presenza e del radicamento della organizzazione criminale nel territorio emiliano”. Lo dice in una nota Enza Rando, vicepresidente di Libera