NAPOLI – Il grande salto, come viene definito nel gergo criminale. Un grande salto che potrebbe provocare un vero e proprio terremoto negli ambienti malavitosi dei quartieri flegrei, ma non solo. Il ras Felice D’Ausilio passa a collaborare con la giustizia. Considerato re del racket durante i fasti dell’omonimo clan fondato dal padre Domenico, alias Mimì ’o sfregiato, con il suo pentimento porterà dichiarazioni importanti agli inquirenti della Direzione distrettuale antimafia. E ora blitz e retate a Bagnoli non sembrano poi così improbabili.
La famiglia criminale
Per anni il cognome D’Ausilio ha fatto rima con camorra e potere. Era l’organizzazione criminale del ras Felice a dettare legge a Bagnoli. E lo faceva perlopiù attraverso l’arma del racket, come hanno dimostrato le inchieste della Dda. Il cosiddetto pizzo totale: agli esercenti del quartiere e persino ai parcheggiatori abusivi, quelli che gestiscono la sosta dei frequentatori dei locali della movida tra Nisida e Coroglio. Oggi le cose stanno diversamente.
La relazione della Dia
L’ultima relazione della Direzione investigativa antimafia traccia una parabola in costante decadenza: “La ricostruzione delle principali presenze e dinamiche associative registrate nell’area conferma l’interesse del clan Licciardi verso i quartieri di Bagnoli-Cavalleggeri d’Aosta dove il clan D’Ausilio risulta indebolito dallo stato detentivo in cui si trovano i suoi esponenti apicali”, si legge nel dossier dell’antimafia. E poi ancora, un’intuizione investigativa che, fatti alla mano, si sta rivelando fondata: “Ciò avrebbe consentito il consolidamento del gruppo Esposito alla cui direzione collabora la moglie del capoclan agli arresti domiciliari. Il sodalizio con il supporto dei Licciardi starebbe attuando una strategia espansionistica anche verso il quartiere di Fuorigrotta, causando scontri che direttamente e indirettamente si riverberano anche nel limitrofo Rione Traiano”.
La ‘carriera’ criminale di D’Ausilio
Felice D’Ausilio vanta una lunga carriera criminale. Quarantadue anni da compiere tra un mese, nella primavera del 2016 il suo nome e il suo volto fecero il giro dei media nazionali quando evase dal carcere sardo di Tempio Pausania. Era la mattinata di mercoledì 11 maggio: D’Ausilio uscì dalla casa di reclusione di Nuchis, dove scontava un ergastolo per i reati di omicidio e associazione di tipo mafioso, in quanto aveva in tasca un permesso che gli consentiva di tornare a Napoli. Era il primo permesso che gli fu concesso dal magistrato di Sorveglianza di Sassari. D’Ausilio, però, non fece rientro nel penitenziario. Scattarono le ricerche su tutto il territorio nazionale. Una volta arrivato a Napoli, avrebbe dovuto recarsi in un commissariato. La sua evasione destò grande preoccupazione, anche per la pericolosità e lo spessore criminale degli affiliati al suo clan.
La svolta
La svolta si ebbe nel dicembre di quello stesso anno. I carabinieri di Napoli, durante le indagini coordinate dalla Dda lo individuarono e catturarono a Marano, dove si nascondeva in un appartamento di via Barco, preso in affitto. Alla vista dei militari dell’Arma D’Ausilio tentò di darsi alla fuga da una finestra sul retro della casa, risalendo poi per una scarpata erbosa. Grazie ad un elicottero dell’Arma fu però prontamente bloccato. In casa c’era una 50enne di Qualiano che, come ricostruito, si prendeva cura del latitante. Investigatori e inquirenti appurarono che, durante i mesi di vita alla macchia, grazie al ritorno del figlio di Mimì ’o sfregiato, il clan si stava riorganizzando per riprendere il controllo delle attività nell’area flegrea, nello specifico dell’area compresa tra Bagnoli, Cavalleggeri e Agnano.
Il blitz dei carabinieri
L’ultimo atto del clan fu scritto nel gennaio dell’anno scorso, quando i carabinieri eseguirono un blitz, su disposizione della Dda, che smantellò la cosca. Secondo le accuse D’Ausilio, sebbene in clandestinità, era riuscito a imporre il suo predominio per riconquistare il controllo delle attività criminali sui suddetti quartieri e fin da subito si era registrata una escalation di violenze con stese, pestaggi, atti intimidatori e dimostrativi posti in essere da soggetti a lui riconducibili per la ripresa della gestione delle attività illecite sul territorio, in quel momento appannaggio del gruppo Bitonto-Nappi. Le investigazioni fecero emergere la contrapposizione armata tra i suddetti gruppi criminali e la piena operatività del clan D’Ausilio, rientrante nella sfera d’influenza e di controllo dei Licciardi, famiglia aderente allo storico cartello della criminalità organizzata denominato Alleanza di Secondigliano. Licciardi che, poi, nel corso degli anni hanno cambiato alleati, supportando il clan Nappi-Esposito, cosca che sta puntando forte sull’espansione verso Cavalleggeri d’Aosta.
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