Truffa per ottenere i fondi Invitalia: restano sotto sequestro soldi e caseifici

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Resiste il sequestro. La Cassazione ha dichiarato inammissibili i ricorsi presentati dalla Spinosa spa e dai componenti della famiglia Griffo contro il provvedimento che ha colpito fondi pubblici incassati dalla società e il mega caseificio industriale, realizzato con quel denaro a Cancello ed Arnone.

La misura nasce dall’inchiesta dei carabinieri di Aversa sui finanziamenti agevolati ottenuti dalla Spinosa e sui presunti rapporti corruttivi dei Griffo, di Castel Volturno, con il consigliere regionale mondragonese Giovanni Zannini.

La decisione della seconda sezione penale conferma l’ordinanza del Tribunale del riesame di Santa Maria Capua Vetere dell’8 luglio scorso e lascia invariato il quadro cautelare delineato dalla Procura diretta da Pierpaolo Bruni.

I ricorsi erano stati proposti dalla Spinosa, in persona del legale rappresentante pro tempore Luigi Griffo, dallo stesso Luigi Griffo, presidente del consiglio di amministrazione, dal figlio Paolo Griffo, socio dell’azienda, oltre che da Teresa Griffo e Giustina Noviello. Tutti impugnavano il decreto del gip del dicembre 2024, che aveva convalidato i sigilli preventivi sulle somme erogate all’azienda da Invitalia e, in via subordinata, sui beni di valore equivalente nella disponibilità della società.

Il sequestro riguarda 3.953.976,60 euro, pari alla quota di finanziamento agevolato già accreditata, e – non essendo state rinvenute disponibilità liquide sufficienti – l’opificio destinato alla trasformazione del latte per la produzione di mozzarella e latticini, realizzato nel comune di Cancello ed Arnone.

Secondo l’accusa, alla base del provvedimento vi è il fumus dei reati di falso in atto pubblico per induzione, truffa aggravata ai danni di ente pubblico, violazioni urbanistiche e corruzione.

L’indagine che ha portato all’apposizione dei sigilli riguarda le modalità con cui la Spinosa spa avrebbe ottenuto da Invitalia 10.455.000 euro per la realizzazione dell’impianto per la produzione di mozzarella. In sede istruttoria, la Regione Campania aveva sollevato rilievi sulla compatibilità ambientale dell’opera, chiedendo l’attivazione della Valutazione di incidenza ambientale (Vinca), in ragione della vicinanza del sito a un’area Natura 2000.

In questo contesto, secondo l’accusa, Luigi e Paolo Griffo avrebbero chiesto l’intervento di Zannini, all’epoca presidente della commissione Ambiente del consiglio regionale, per evitare che le criticità ambientali segnalate dalla Regione comportassero la perdita del finanziamento. Sempre secondo la ricostruzione accusatoria, il politico si sarebbe attivato affinché la Regione demandasse la Vinca al Comune di Cancello ed Arnone, che l’avrebbe poi trasmessa al Comune di Castello del Matese, dotato di una commissione Ambiente, la quale avrebbe espresso parere favorevole nonostante presunte irregolarità nello studio ambientale, relative sia alla distanza dell’impianto dall’area protetta sia allo stato di avanzamento dei lavori.

In cambio dell’intervento, Zannini avrebbe accettato – sempre secondo l’accusa – la promessa di un’utilità indebita, individuata in una mini vacanza in yacht del valore di 7.320 euro. Su queste basi vengono contestati, a vario titolo e in concorso, i reati di falso, truffa aggravata ai danni di ente pubblico e corruzione.

L’inchiesta si colloca tuttora nella fase cautelare: il procedimento non è definito nel merito e il suo prosieguo potrà anche far emergere l’estraneità degli indagati (da ritenere tutti innocenti fino a un’eventuale sentenza di condanna irrevocabile) ai fatti contestati.

Tornando ai ricorsi in Cassazione per riottenere denaro e stabilimento, uno dei punti centrali riguardava la competenza territoriale. La difesa sosteneva che il reato di corruzione si fosse consumato fuori dal circondario casertano, durante una gita in yacht tra Castellammare di Stabia e Capri. La Suprema Corte ha richiamato il principio secondo cui, quando promessa e dazione non coincidono, la competenza va individuata sulla base della contestazione formulata dal pubblico ministero.

Nel caso in esame, l’accusa colloca il momento consumativo nell’accettazione della promessa, avvenuta a Capua l’8 settembre 2023, e non nella successiva fruizione dell’utilità, poi rimborsata – secondo l’impostazione accusatoria – dopo che Zannini aveva appreso dell’indagine. Da qui la conferma della competenza del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere.

Inammissibili anche le censure sull’estensione del sequestro all’opificio: la Cassazione ha chiarito che le contestazioni relative alle modalità di esecuzione del sequestro per equivalente non possono essere affrontate né con il riesame né con il ricorso per cassazione, ma devono essere proposte tramite un incidente di esecuzione, procedura non attivata dalla difesa.

Stessa valutazione per le doglianze sulla consulenza tecnica e sul periculum in mora, già esaminato e coperto da un precedente giudicato cautelare confermato nel maggio 2025.

La dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e di 3.000 euro ciascuno in favore della Cassa delle Ammende. Restano così sotto sequestro sia le somme oggetto del finanziamento contestato sia lo stabilimento industriale.

Le motivazioni della decisione, assunta a metà novembre, sono state depositate la scorsa settimana.

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