TORINO – Mentre governo e task force di esperti progettano la ‘fase 2’, tour operator e agenzie di viaggio lanciano il loro grido d’allarme: prenotazioni per l’estate vicine allo zero, si punterà sul turismo domestico, e 600/700 milioni di euro di fatturato già persi. “Il sistema potrebbe collassare entro due/tre mesi”, sottolinea a LaPresse Pier Ezhaya, consigliere delegato di Astoi Confindustria Viaggi, che rappresenta il 90% del tour operating italiano, e direttore Tour operating di Alpitour.
DOMANDA. Quali sono state le perdite finora per il settore?
RISPOSTA. L’anno scorso era stato l’aprile più positivo degli ultimi trent’anni, fu chiamato ‘Ferraprile’, anche per le vacanze lunghe tra Pasqua e 25 aprile; quest’anno abbiamo fatto zero, il 100% in meno. C’è un danno molto grosso su marzo e aprile, e i tour operator, oltre alle non partenze, hanno avuto anche i rimpatri per riportare a casa i connazionali. Come Astoi abbiamo stimato di aver rimpatriato quasi 30mila italiani, con un costo che è ricaduto sulle spalle delle organizzazioni turistiche. Non c’è stato nessun aiuto di Stato, come nel Regno Unito, che ha istituito un fondo per i rimpatri. Quindi abbiamo avuto un doppio danno, un costo emergente e l’assenza totale di ricavi per marzo, aprile, e mi sento di dire anche per maggio. Lo scenario è cupo.
D. Di che ordine di grandezze stiamo parlando?
R. I tour operator Astoi complessivamente hanno un volume d’affari intorno ai 3,8 miliardi di euro, in questi mesi abbiamo perso 600/700 milioni di fatturato.
D. Che riflessi sta avendo la situazione sull’occupazione?
R. Fortunatamente sono intervenuti gli ammortizzatori sociali, ma quello che ci preoccupa è la sopravvivenza di molte aziende del settore. Il turismo ha 3,5 milioni di occupati, tour operator e agenzie di viaggio hanno 75mila impiegati, spesso in aziende medio-piccole, nelle cittadine, che rischiano di spegnersi nel silenzio perchè non fanno clamore.
D. Come si prospetta il turismo estivo?
R. Non sappiamo quando potremo riaprire e come. Pensiamo che ci sarà molta più richiesta per il turismo di prossimità, sull’Italia più che sull’estero. Potranno forse giocare un ruolo importante, più avanti, la Grecia, che è stata meno toccata dal coronavirus, con tante isole che d’inverno sono praticamente ‘chiuse’, e l’Egitto, per il fattore climatico che potrebbe contenere l’epidemia. Ma crediamo che la parte da leone la farà l’Italia. Sarà un ‘bene rifugio’, un po’ per una spinta nazionalistica per aiutare le nostre imprese, un po’ per comfort psicologico di stare nel proprio paese, con una sanità e una lingua che si conoscono. Riteniamo ci possa essere un ‘effetto molla’, che la voglia di fare una vacanza sarà elevata dopo le restrizioni, ma bisogna vedere che mondo ci sarà, se col distanziamento diminuiranno i posti sui voli e i prezzi aumenteranno. Siamo in una fase di grande incertezza, pianificare una stagione estiva in una situazione così fluttuante è molto complicato.
D. Ci sono prenotazioni per l’estate?
R. Sono prossime allo zero. Solo qualcosa per ottobre e l’autunno, ma con numeri molto molto bassi. Le agenzie di viaggio sono chiuse, chi prenota ora lo fa online, ma i più hanno altro per la testa.
D. Tour operator, strutture alberghiere, ristoranti, impianti balneari sono attrezzati per garantire il distanziamento sociale?
R. Non ancora. E molto dipenderà dalle norme. Un conto è se viene imposto l’obbligo di indossare la mascherina, un altro è se ogni tre posti sui voli o per le camere degli hotel se ne potrà vendere uno solo.
D. Siete d’accordo con il bonus vacanze prospettato dal governo per incentivare il turismo interno?
R. È una delle tre cose che abbiamo chiesto al governo come operatori del settore nel nostro ‘Manifesto per il turismo italiano’. Può essere un aiuto a stimolare la domanda, lo vediamo molto positivamente. Ma chiediamo anche un sostegno alla liquidità, e che in parte sia a fondo perduto, per un settore che ha tanti occupati. E poi sostegno all’occupazione, cassa integrazione con più facilità e periodi più lunghi, fino a fine anno. Il sistema, se non si fa qualcosa, potrebbe collassare entro due/tre mesi.
Silvia Caprioglio (LaPresse)