ROMA – Cresce la tv in streaming, Netflix in testa, mentre il recupero della Paytv tradizionale non soddisfa le attese: è quanto emerge dal report di Mediobanca Media & Entertainment, con l’analisi del settore a livello mondiale e italiano, che analizza le performance dal 2018 al 2021 dei principali gruppi italiani e dei 21 maggiori player privati mondiali, di cui 11 hanno sede negli USA, 7 in Europa e 1 Gruppo ciascuno in Giappone, Messico e Sud Africa.
Nei primi nove mesi del 2021, le principali Media & Entertainment companies internazionali crescono del 13,7% rispetto allo stesso periodo del 2020, salvo la flessione di Sony Picture (-3,6%). È proseguita la forte espansione dei servizi streaming, i cui ricavi sono aumentati del 25,8% (rappresentando ora il 18% circa del giro d’affari complessivo, dal 16% del 2020); in rimbalzo anche la raccolta pubblicitaria (+19,7%) e gli introiti dei parchi a tema (+47,4%, ma con ancora un limitato apporto ai ricavi aggregati), mentre il recupero della Pay TV tradizionale non è andato oltre il +3,6%, confermando una modalità di accesso ai contenuti media sempre più on demand e frammentata. Le principali società internazionali hanno registrato una consistente crescita del pubblico, soprattutto tra gli abbonati alle piattaforme streaming (+26% tra il settembre 2021 e lo stesso mese del 2020). Il podio per numero di abbonati vede in prima posizione Netflix (214 milioni), seguita da Disney (179 milioni) e Warner Media (69 milioni).
La pandemia ha accelerato il cambiamento, già in atto da tempo, nei comportamenti degli spettatori, soprattutto nella fascia dei nativi digitali, sempre più attratti da modalità di fruizione basate sulle logiche del ‘whenever, wherever and on any device’. Per le tv tradizionali diventa quindi fondamentale ampliare l’offerta digitale e assecondare i gusti emergenti degli spettatori.
Nel 2020 il giro d’affari del settore radiotelevisivo italiano ha proseguito il trend calante, scendendo complessivamente a 8,1 mld (-6,6% sul 2019), con un’incidenza sul PIL pari allo 0,5%. Il calo investe tutti i comparti: -22,7% la radio (€0,5 mld nel 2020), -7,2% la TV in chiaro (€4,4 mld) e -2,3% la TV a pagamento (€3,2 mld). Quest’ultima però cela dinamiche opposte, con la Pay TV tradizionale in frenata (-8,5%), mentre gli abbonamenti streaming crescono a doppia cifra (+42,5%), rappresentando ora l’8,3% dei ricavi aggregati del settore (+2,9 p.p. rispetto al 2019). Sono in contrazione anche i ricavi da canone (-4,1%), con il numero degli abbonati al servizio pubblico sostanzialmente stabile sui livelli di fine 2018; è però possibile attendersi una recrudescenza dell’evasione del canone Rai a partire dal 2023, qualora venga confermata l’abolizione dell’attuale modalità di riscossione in bolletta, così come sembrerebbe previsto dagli impegni sottoscritti dall’Italia per accedere ai fondi del PNRR.
Nel 2020 gli otto principali operatori Media&Entertainment italiani hanno subìto una contrazione dei ricavi dell’8,8% sul 2019, quale effetto dei minori introiti pubblicitari (-13,5%) e della distribuzione di contenuti (-10,3%). Segno negativo, ma più contenuto, anche per i ricavi della Pay TV (-2%).
Il mercato italiano si conferma concentrato, con i tre principali operatori televisivi (Sky, Rai e Mediaset) che detengono più dell’80% del settore televisivo nazionale. In termini di fatturato, Sky si attesta in prima posizione (€2,8 mld), seguita da Rai (€2,5 mld) e Mediaset (€1,8 mld). Tutti gli operatori tradizionali sono in contrazione, più contenuta per La7 (-2,5% sul 2019) e Rai (-5,4%). Nel 2020 è proseguita la crescita esponenziale delle piattaforme online, grazie anche alla forte ascesa di Netflix che può già contare su oltre 4 milioni di abbonati (quasi triplicati rispetto al 2018). Questi numeri hanno consentito all’operatore S-Vod (Subscription Video on Demand) di sviluppare nel nostro Paese un giro d’affari stimato attorno ai €300 milioni nel 2020 (+70% sul 2019 e +160% rispetto al 2018), con una proiezione verso i €450 milioni nel 2021.
Nel 2020 si registra una diffusa diminuzione degli organici sia sul 2019 (-1,7%, -362 unità) sia rispetto al 2018 (-2,5%, -547 unità). Solo La7 e Sky incrementano i loro livelli occupazionali in entrambi i periodi.
L’ebit margin aggregato è pari al -5,2% nel 2020, in peggioramento di 4,8 p.p. rispetto al 2018, ma sono in controtendenza Mediaset (+4,3 p.p.), Walt Disney (+3,7 p.p.) e Rai (+1,1 p.p.). Continuano a brillare per redditività: Discovery (12,8%) e Walt Disney (10,4%).
Per l’intero 2021 si stima una crescita dell’8% dei ricavi complessivi dei principali operatori italiani del settore, grazie alla ripresa della pubblicità e all’ulteriore accelerazione dei servizi streaming che sfrutterà anche il completamento (previsto per gennaio 2023) del passaggio al digitale terrestre di seconda generazione (c.d. switch-off). In tale ambito è però necessario che il nostro Paese colmi il gap in essere con i principali Paesi Europei quanto a copertura delle reti broadband VHCN (Very High Capacity Networks).
Con il possibile raggiungimento della spesa massima disponibile per abbonato, è probabile che gli spettatori inizino a cercare contenuti gratuiti diversificando le fonti media. È quindi possibile prevedere nel prossimo futuro il rallentamento delle sottoscrizioni ai principali player S-Vod e l’incremento dell’importanza delle offerte A-Vod (Advertising video on demand), a vantaggio degli operatori tradizionali del segmento (come RaiPlay e Mediaset Infinity), favorendo l’ingresso di nuovi operatori (Pluto Tv è visibile da fine ottobre 2021) e il lancio di nuove offerte che combinano i business model dei servizi S-Vod, A-Vod e T-Vod (Transactional video on demand). Con la moltiplicazione delle offerte in streaming crescerà l’importanza degli aggregatori di contenuti come SkyQ e TimVision che offrono agli utenti anche un servizio di orientamento alla visione dei contenuti stessi. Nel 2020 gli spettatori hanno trascorso circa 6 ore davanti alla TV (rispetto alle 4 ore del 2019), ma i picchi d’ascolto registrati durante la pandemia sono stati in parte riassorbiti nel 2021. I principali operatori continuano a sviluppare l’87% delle quote di ascolto nel giorno medio, con le piattaforme digitali in progressiva espansione a fronte del generale ridimensionamento dei canali tematici. L’età del pubblico continua ad aumentare (dai 56 anni del 2018 ai 58 anni medi nel 2021), con le nuove logiche di fruizione dei media che trasferiscono sempre più pubblico dalla TV lineare verso quella on demand. Rai è sempre l’emittente più seguito dagli italiani, raggiungendo il 36% delle quote di ascolto nel giorno medio nel 2021. Seguono Mediaset (31,9%), Discovery (7,4%), Sky (6,2%), La7 (3,7%) e ViacomCBS (1,9%).
Nel comparto radiofonico il Gruppo Mediaset conferma la propria leadership con le sue cinque emittenti che sviluppano quasi un quinto del mercato (18,4% share nel quarto d’ora medio 2021). Seguono il Gruppo GEDI e Rai (entrambe all’11,3%).
Con €8,5 mld, il servizio radiotelevisivo pubblico tedesco evidenzia il giro d’affari più elevato nel confronto europeo, il triplo rispetto a quello italiano (€2,5 mld). Completano il podio Gran Bretagna (€6,7 mld) e Francia (€3,6 mld). Nel 2020 l’Italia segna la maggiore contrazione dei ricavi (-5,4% sul 2019), seguita da Germania e Francia che diminuiscono, rispettivamente, dell’1,9% e del 2,8%. Registrano invece una variazione positiva Spagna (+1,3% sul 2019) e Regno Unito (+1,2%).
L’Italia (Rai) si distingue quanto a redditività industriale: nel 2020 l’ebit margin della TV pubblica italiana si è attestato al 3,8% (in miglioramento di 1,1 p.p. sul 2019), inferiore solo al 6,6% del Regno Unito, mentre permangono in territorio negativo Francia (-1%) e Spagna (-3,5%).
Capitolo canone: all’Italia spetta il più basso canone unitario fra i maggiori Paesi europei, inferiore anche alla media europea (€0,25 al giorno per abbonato contro i €0,34 medi). Molto più onerose per i contribuenti la TV pubblica tedesca (€0,58 giornalieri), quella britannica (€0,48) e francese (€0,38). Nel 2021 solo €77,2 dei €90 (pari all’86%) sborsati da ogni abbonato sono stati incassati dalla Rai, un’incidenza anche in questo caso inferiore alla media europea (89,5%). Mentre la platea degli abbonati è sostanzialmente stabile dal 2018, continuano ad aumentare gli utenti unici mensili della piattaforma RaiPlay (8,8 milioni a fine 2021 rispetto ai 4,9 del 2018).
LaPresse