Riparte uno dei programmi più amati degli ultimi anni, Masterchef, al via dal 15 dicembre su Sky e NOW per la 12esima edizione con alcune novità. Sono stati i tre giudici, Bruno Barbieri, Antonino Cannavacciuolo e Giorgio Locatelli, che restano al timone del cooking show, ad anticipare qualcosa nel corso della presentazione milanese nei giorni scorsi. “Cerchiamo ogni stagione di lasciare il segno. Quest’anno – sottolinea Barbieri, veterano del programma, presente fin dalla prima edizione – abbiamo fatto ancora un lavoro di ricerca, abbiamo lavorato molto con i giovani, dando la possibilità a tanti di potersi esprimere. Abbiamo cercato come sempre di alzare l’asticella, ci sono tante novità, negli skill test ci sarà un supervisore che arriva dall’esterno”. Tanti gli ospiti ‘stellati’, italiani e internazionali, dello show Sky Original prodotto da Endemol Shine Italy: da Iginio Massari a Jeremy Chan, da Davide Scabin a Mauro Colagreco, Enrico Crippa e Giancarlo Perbellini, tra gli altri. “La cucina – spiega Locatelli – si evolve ogni giorno, solitamente l’evoluzione riflette il mood e le condizioni economiche di una nazione. Sono venuti grandi chef anche di Paesi differenti, abbiamo avuto chef incredibili. Avere come ospiti tre chef stellati in una settimana, vuol dire che stiamo facendo diventare questa professione una grande professione”. “E questo – aggiunge Barbieri – fa capire anche quanto stia diventando importante Masterchef Italia. Loro hanno già successo e non avrebbero neanche bisogno di venire, eppure vengono perché ‘fa figo’”.
“Siamo alla dodicesima edizione – sottolinea Cannavacciuolo – e veramente possiamo parlare di fenomeno. Ogni anno c’è qualcosa di speciale che conquista le persone. Il bello è che Masterchef lancia dei messaggi, perché anche gli chef professionisti guardano cosa c’è a Masterchef. Lancia messaggi importanti”. Lui stesso, fresco di terza stella Michelin, trae spunto dal programma: “Masterchef da 12 anni mette sul tavolo ingredienti che nelle cucine italiane non c’erano. Anche per me è un allenamento, poi torno a casa e faccio la partita. Quella dispensa è bellissima, ed entra nelle case di chi è in difficoltà, perché quel cibo quando avanza va a fare del bene alla gente che non ce la fa”.
Ingrediente in più, soprattutto da qualche anno, il reale affiatamento tra i tre giudici: “Io – racconta Barbieri – sono cresciuto con Masterchef, mi sono anche alimentato con questo programma, ho lavorato con tutti i giudici. Da quattro anni, da quando sono arrivati loro, la mia vita dentro Masterchef è cambiata, abbiamo un rapporto, ci sentiamo anche fuori. Stiamo veramente bene insieme e abbiamo fatto un bellissimo lavoro”. E Cannavacciuolo rivela: “Quando ho avuto la terza stella, loro due sono stati i primi a chiamarmi”.
In questa dodicesima edizione, l’asticella si alza ancora, come sempre: “Quando arriviamo a dieci ragazzi, di solito capiamo chi sono i due o tre che andranno avanti. Questa volta invece fino alla fine non si capiva”, rivela Cannavacciuolo. “Questa volta – aggiunge Locatelli – c’è stata una bella identità di gruppo, non si sono fatti guerre. Ed è un bene, perché la cucina è un lavoro di gruppo”. Gruppo che, come è consuetudine a Masterchef, si cementa soprattutto nelle esterne, di cui Barbieri non vuole rivelare più di tanto: “Saranno in Italia, come sempre si va un po’ da Nord a Sud. Val d’Aosta, Tropea, Umbria e tanti altri posti”.
E sono sempre di più i giovani che tentano questa avventura: “All’inizio, quando sono nati questi programmi – ricorda Cannavacciuolo – sembrava tutto un po’ costruito…ora vedono tre chef tre stelle in una settimana. Il ragazzo che da casa vuole fare questo mestiere lo prende come un lancio. E non ci scordiamo che chi vince va all’Alma, una scuola che ci invidiano in tutto il mondo. E si entra in questo mondo”. “Chi ha vinto Masterchef, ma anche chi non ha vinto – sottolinea Barbieri – ha aperto ristoranti, ha creato master, ha fatto capire che Masterchef ti dà la possibilità. Molti vincitori delle scorse stagioni sono oggi chef importanti”. Locatelli conclude: “C’è un cambio di atteggiamento totale, i cinque anni di scuola alberghiera fanno la differenza rispetto ai tre anni. Noi cerchiamo di estrarre del talento da queste persone. Lo chef non è più un despota, è uno che gestisce, anche in maniera più manageriale”.
di Claudio Maddaloni