NAPOLI – Omicidio, tentato omicidio, porto e detenzione illegale di armi nonché detenzione a fini di spaccio di sostanze stupefacenti aggravati dal metodo mafioso. Sono queste le accuse che hanno portato in manette cinque persone ritenute vicine al clan Sorianiello del rione Traiano. I destinatari del provvedimento sono Raffaele Caprio, 38 anni, Simone Cimarelli, 24 anni, Francesco De Pasquale, 21 anni, Carmine Fenderico, 31 anni, Antonio Marra, 31 anni. Il blitz è scattato nella mattinata di ieri, i carabinieri del comando provinciale di Napoli e del reparto territoriale di Mondragone hanno dato esecuzione ad un’ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa dal Gip del Tribunale di Napoli, all’esito di articolate indagini coordinate dalla Direzione distrettuale antimafia, nei confronti dei cinque uomini accusati a vario titolo, di omicidio, tentato omicidio, porto e detenzione illegale di armi, nonché detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti, reati aggravati dal metodo mafioso e dalla finalità di “avvantaggiare, consolidandone il prestigio ed il predominio sul territorio napoletano, il gruppo Sorianiello”. Le indagini hanno consentito di ricostruire, in tempi rapidi, la dinamica, il movente ed i responsabili del feroce agguato ai danni di due cittadini nigeriani, Desmond Oviamwonyi e Morris Joe Iadhosa, che si verificò a Castelvolturno il 10 settembre scorso.
E’ stato accertato che la decisione di portare a termine l’agguato, è maturata in seno al gruppo criminale della ‘99’, articolazione del clan Sorianiello. Ricostruito anche il movente. Desmond Oviamwonyi e un altro cittadino nigeriano, Leo Uwadiae, si erano impossessati di una busta piena di marijuana e cocaina. Tanta droga che, sul mercato avrebbe fruttato introiti per circa 40.000 euro. Quella droga era destinata a rifornire la piazza di spaccio della cosiddetta ‘99’, così chiamata perché ubicata nell’omonimo complesso abitativo del rione Traiano. Dopo aver appreso del furto, da parte del clan è scattata la rappresaglia. Questione economica ma anche di prestigio e credibilità criminale. Bisognava vendicarsi del furto subito e assicurarsi una posizione di supremazia sul territorio, in quanto la punizione dei responsabili avrebbe anche conseguito la finalità di impedire il ripetersi di episodi analoghi. La spedizione punitiva è stata organizzata con tre diversi viaggi, andata e ritorno, da rione Traiano a Castelvolturno, località da cui provenivano i due nigeriani. Il primo viaggio di perlustrazione all’interno della zona, ha dato esito negativo perché i due nigeriani non furono rintracciati.
Il secondo viaggio ebbe miglior fortuna. I due furono trovati e ci fu un incontro che si concluse con l’apparente intesa da parte degli indagati di consegnare ai due nigeriani 2.000 euro, somma che i due stranieri avevano fissato per la restituzione dello stupefacente. Il terzo viaggio fu l’ultimo e si concluse con l’omicidio di Desmond Oviamwonyi e il ferimento di Morris Joe Iadhosa, quest’ultimo peraltro estraneo alla vicenda dello stupefacente sottratto, ma presente, insieme ad altri connazionali, all’interno del cortile dell’abitazione di Oviamwonyi e Leo Uwadiae, al cui indirizzo furono esplosi numerosi colpi d’arma da fuoco con una pistola calibro 9×21, dopo che Desmond Oviamwonyi e Leo Uwadiae si erano rifiutati di consegnare lo stupefacente se prima non avessero ricevuto la somma di denaro richiesta. Adesso i cinque sono stati messi a disposizione dell’autorità giudiziaria e dovranno confrontarsi con il giudice.
L’incursione armata in via Brescia
Dopo quell’agguato la prima scena che venne in mente fu quella della strage di San Gennaro, ovvero la spedizione punitiva organizzata dai Casalesi dell’ala stragista del boss Giuseppe Setola, che avvenne la sera di giovedì 18 settembre 2008, che portò alla morte di Antonio Celiento e di sei immigrati africani, vittime innocenti della strage. Lo scorso 10 settembre un commando entrò in azione sempre a Castelvolturno e, fin dalle prime ore, la pista della criminalità organizzata si fece largo. Furono i carabinieri a indagare sull’agguato durante il quale aveva perso la vita Desmond Oviamwonyi, cittadino nigeriano di 30 anni, ucciso a colpi d’arma da fuoco, mentre un altro connazionale di 36 anni, Morris Joe Iadhosa, era stato ferito agli arti inferiori ed era stato ricoverato presso la clinica Pineta Grande. Il teatro dell’agguato fu in via Brescia, all’altezza del civico 13. Il commando si parò davanti all’abitazione della vittima e fece fuoco prima contro Morris Joe Iadhosa, quindi contro Desmond Oviamwonyi che, nel frattempo, era sceso di corsa per vedere cosa stesse accadendo. Fu raggiunto da almeno quattro pallottole. Le prime indagini fecero emergere uno scenario che si aprì subito sul mondo dello spaccio di droga. Si parlò dell’ipotesi di un regolamento di conti maturato nell’ambito di attività illecite. Si pensò alla prostituzione, ma anche allo spaccio. Dopo l’agguato Leo Uwadiae, l’uomo che condivideva l’appartamento con Oviamwonyi, sparì dalla circolazione perché, evidentemente, temeva ulteriori rappresaglie. Dopo alcuni giorni fu rintracciato. Era l’unico ad aver assistito all’incursione armata e l’unico ad esserne uscito illeso. Un testimone importante. Le indagini sull’agguato di via Brescia furono affidate alla Direzione distrettuale antimafia da subito e, nel giro di pochi giorni, prese concretezza la pista napoletana collegata alla criminalità organizzata. Si paventò anche l’ipotesi della punizione. Nel giro di sette mesi il cerchio si è chiuso.