Milano – L’embargo russo deciso nell’agosto del 2014 come ritorsione alle sanzioni europee ha già fatto perdere all’Italia oltre un miliardo di esportazioni agroalimentari Made in Italy. A causa del blocco che ha colpito una importante lista di prodotti agroalimentari. Con il divieto all’ingresso di frutta e verdura, formaggi, carne e salumi. Ma anche pesce, provenienti da Ue, Usa, Canada, Norvegia ed Australia. E’ quanto emerge da una analisi della Coldiretti in occasione della decisione dell Unione Europea di rinnovare le sanzioni alla Russia per altri sei mesi. All’azzeramento della spedizione di questi prodotti agroalimentari Made in Italy nel paese di Putin e alle perdite dirette subite dalle mancate esportazioni si sono sommate – sottolinea la Coldiretti – quelle indirette dovute al danno di immagine e di mercato provocato dalla diffusione sul mercato russo di prodotti di imitazione che non hanno nulla a che fare con il Made in Italy.
Danno enorme per l’Italia e l’Unione Europea
Si tratta di un costo insostenibile, un miliardo, per l’Italia e l’Unione Europea. Ed è importante che si riprenda presto la via del dialogo. Poiché ancora una volta il settore agroalimentare è stato merce di scambio nelle trattative internazionali. Senza alcuna considerazione del pesante impatto che ciò comporta sul piano economico, occupazionale e ambientale. Nei supermercati russi si possono ora trovare fantasiosi surrogati locali che hanno preso il posto dei cibi italiani originali. Ma il problema – continua la Coldiretti – riguarda anche la ristorazione italiana in Russia che, dopo una rapida esplosione, è ora frenata per la mancanza degli ingredienti principali.
In alcuni casi i piatti sono spariti dai menu. Mentre, in altri, sono stati sostituiti da tarocchi locali o esteri. Senza però che ci sia nella stragrande maggioranza dei ristoranti una chiara indicazione nei menu. Un blocco dunque dannoso per l’Italia anche perché al divieto di accesso a questi prodotti – conclude la Coldiretti – si sono aggiunte le tensioni commerciali. Che hanno ostacolato di fatto le esportazioni anche per i prodotti non colpiti direttamente, dalla moda alle automobili fino all’arredamento.
(LaPresse)