ROMA – “L’Italia non intende voltarsi dall’altra parte”. Mario Draghi si presenta in Parlamento convinto che l’Unione europea sia ad una “svolta decisiva” della sua storia. Il premier vuole sia chiara la gravità del momento, intende spiegare come “scelte fino a pochi mesi fa impensabili” necessitino ora del sostegno chiaro di Camera e Senato.
Non è il momento dei distinguo, di distribuire torti e ragioni, “è il momento di fare i conti con la storia” e “conservare il futuro”, in modo che sia “il più possibile” come è stato il nostro passato, fatto “di pace e libertà”. Il presidente del Consiglio va subito al punto: le immagini che ci arrivano da Kiev, Kharkiv, Maripol e dalle altre città dell’Ucraina “segnano la fine delle illusioni”, dice chiaro.
L’aggressione di Mosca “premeditata e preparata”, ha spazzato via l’illusione che la guerra non avrebbe più trovato spazio in Europa, che gli “orrori” che avevano caratterizzato il Novecento “fossero mostruosità irripetibili”, che “le istituzioni multilaterali create dopo la Seconda Guerra Mondiale fossero destinate a proteggerci per sempre”.
La cronaca delle esplosioni, i 60 chilometri di mezzi militari russi in marcia su Kiev voltano pagina alla storia ed è per questo che l’Italia è chiamata a fare la sua parte: “Tollerare una guerra d’aggressione nei confronti di uno Stato sovrano europeo vorrebbe dire mettere a rischio, in maniera forse irreversibile, la pace e la sicurezza in Europa. Non possiamo lasciare che questo accada”, è la linea.
Draghi ammira il coraggio di chi scende in piazza e manifesta per chiedere la fine del conflitto: “Il Cremlino – dice – dovrebbe ascoltare queste voci e abbandonare i suoi piani di guerra”. E se è vero che le strategie di Mosca per un’invasione rapida “sembrano fallire”, anche grazie all’opposizione “coraggiosa” dell’esercito e del popolo ucraino, è anche vero che le truppe russe “proseguono la loro avanzata” .
L’Italia, spiega quindi il premier a parlamentari e cittadini, “ha risposto all’appello del presidente Zelensky che aveva chiesto equipaggiamenti, armamenti e veicoli militari per proteggersi dall’aggressione russa. È necessario che il Governo democraticamente eletto sia in grado di resistere all’invasione e difendere l’indipendenza del Paese. A un popolo che si difende da un attacco militare e chiede aiuto alle nostre democrazie, non è possibile rispondere solo con incoraggiamenti e atti di deterrenza. Questa è la posizione italiana, la posizione dell’Unione Europea, la posizione di tutti i nostri alleati”, sottolinea.
Roma, poi, ribadisce il premier “è pronta a ulteriori misure restrittive, ove fossero necessarie”. Il Governo è al lavoro per contrastare le possibili ricadute delle sanzioni, sia in termini di sicurezza (e di Cybersicurezza) sia per quel che riguarda le conseguenze economiche e l’emergenza energetica. “Al momento non ci sono segnali di un’interruzione delle forniture di gas”, assicura l’ex numero uno Bce, che però mette in conto possibili “ritorsioni” da parte di Mosca.
L’Italia, ricorda, importa circa il 95% del gas che consuma e circa il 43-45% proviene dalla Russia. “Nel breve termine, anche una completa interruzione dei flussi di gas dalla Russia a partire dalla prossima settimana non dovrebbe di per sé comportare seri problemi. La nostra previsione – azzarda il premier – è che saremo in grado di assorbire eventuali picchi di domanda attraverso i volumi in stoccaggio e altre capacità di importazione”.
Prosegue però il lavoro del Governo per ridurre la dipendenza italiana dalla Russia, attraverso l’incremento di importazioni di gas da altre fornitori, come l’Algeria o l’Azerbaijan, un maggiore utilizzo dei terminali di gas naturale liquido a disposizione; eventuali incrementi temporanei nella produzione termoelettrica a carbone o petrolio, “che non prevederebbero comunque – è la sottolineatura – l’apertura di nuovi impianti”.
La rotta, comunque, è segnata: “Non possiamo essere così dipendenti dalle decisioni di un solo Paese. Ne va anche della nostra libertà, non solo della nostra prosperità”, scandisce. Avanti, quindi, sulle rinnovabili, sullo sviluppo del biometano, senza dimenticare “un aumento della nostra capacità di rigassificazione e su un possibile raddoppio della capacità del gasdotto TAP”.
I senatori plaudono alle parole del premier, ma i distinguo – anche se sottili – non mancano. Draghi allora interviene a braccio per dare le coordinate di quello che definisce un “periodo esistenziale in cui il futuro cambierà radicalmente”. Non è il momento di “fare i conti con se stessi e con gli altri, è il momento di fare i conti con la storia”, quella storia – tolti gli ultimi 80 anni – fatta di “di massacri e guerre lunghissime” che ora ‘bussa’ nel presente.
A questo punto il passato, scandisce, “è inutile se ci divide. Quello che abbiamo davanti è qualcosa che ci deve unire, è una battaglia. Perché il futuro, soprattutto il futuro dei figli, il futuro dei giovani, sia il più possibile conservato come è stato il nostro passato. Un passato di pace, di libertà”.
A chi chiede dialogo e diplomazia, Draghi dice di lavorare “senza sosta e con tutta la volontà” in questa direzione, ma – avverte – una reazione è necessaria”. E la reazione, chiarisce, deve essere messa in campo senza cambiare i nostri valori, “altrimenti vince sempre l’avversario, vince quella storia che vogliamo tenere fuori dal nostro presente”. Tra questi valori, il premier mette anche la transizione ecologica, definendo momentaneo il cambiamento di rotta necessario per affrontare l’emergenza. Draghi difende poi l’Europa: la sua risposta “è stata pronta, ferma, rapida, forte e unita soprattutto”.
Ed è qui per l’ex numero uno Bce che sta la svolta: “Forse Putin ci vedeva impotenti, ci vedeva divisi, ci vedeva inebriati dalla nostra ricchezza: si è sbagliato. Siamo stati e saremo pronti a reagire, a ribattere”. Nessuna rassegnazione nella ricerca della pace, anche se oggi, insiste, “è difficile, per cercare la pace si deve volere la pace, e per chi ha più di 60 chilometri di carri armati e altri blindati alle porte di Kiev non vuole la pace in questo momento”.
Alla fine dal Parlamento arriva un sì corale alle risoluzioni. Anche Fratelli d’Italia vota a favore del Governo. “E’ il tempo di una risposta compatta ad una aggressione militare che non possiamo accettare”, dice Giorgia Meloni pur criticando Draghi per le “figure” fatte a livello internazionale per i problemi di comunicazione con Zelensky e di connessione con Macron (“neanche nella grotta di Bin Laden”) e per aver prolungato lo stato di emergenza al 31 dicembre.
“Pieno mandato” al Governo da Matteo Salvini, che insiste sul proseguire nella strada della diplomazia. E sostegno “convinto” anche dal Pd: “E’ il passaggio più difficile, ma anche che nella Costituzione ci sono le ragioni che motivano l’intervento di oggi”, dice Enrico Letta. Diventa “un caso” invece, il voto contrario alla risoluzione da parte del presidente della commissione Esteri, senatore M5S, Vito Petrocelli. In tanti, nella maggioranza, chiedono faccia un passo indietro, ma Farnesina e palazzo Chigi guardano oltre. Sono altre le priorità.