MILANO – “Creiamo subito una Confederazione europea, composta dai 27 Stati membri, dall’Ucraina e da Georgia e Moldavia, e poi da Nord Macedonia, Serbia, Montenegro, Albania, Bosnia e Kosovo. Si otterrebbe un duplice risultato. L’Ucraina e gli altri Paesi in attesa potrebbero partecipare alla vita pubblica europea e avere soggettività in uno spazio politico e strategico comune. In parallelo proseguirebbe, senza forzature e con la tempistica opportuna, il percorso ordinato di adesione alla Ue”. Così Enrico Letta, segretario nazionale del Pd, in un intervento sul Corriere della Sera.
“La declinazione più concreta di questo modello – scrive il segretario – sarebbero le riunioni dei Consigli europei che dovrebbero essere immediatamente seguite, con grande forza simbolica, nello stesso luogo, dal summit dei leader della Confederazione”.
“La Confederazione europea sarebbe il luogo del dialogo politico tra i 36 membri – evidenzia Letta – Si concorderebbero scelte comuni. Si affinerebbe la capacità di definire insieme strategie globali, a partire dalla difesa della pace, dalla sicurezza, dalla promozione di un modello di sviluppo giusto e sostenibile e dalla lotta al cambiamento climatico. E si caricherebbe di forza, anche simbolica, l’unità del continente”.
“Le convulsioni di questi giorni drammatici non devono mai farci perdere di vista il quadro generale o smarrire la lucidità nel prevedere le conseguenze sul futuro delle scelte che si assumono oggi – sottolinea – Il 24 febbraio, il giorno in cui Putin con l’invasione ha tentato di riportarci tutti nel peggiore Novecento, è una cesura che segna un passaggio d’epoca”.
“L’Europa di domani sarà diversa, comunque diversa. Per questo è vitale guidare il cambiamento e non farsi guidare dagli eventi, a partire dalla determinazione a fare dell’Unione Europea sempre di più un continente di pace che lotta per la pace”, aggiunge.
“L’Europa è la nostra casa: è talmente attrattiva che milioni e milioni di cittadini dall’esterno vogliono farvi parte – afferma – È talmente preziosa che riformarla, rendendola più solida, è un dovere storico, forse il più impegnativo mai affrontato dalle nostre generazioni”.
(LaPresse)