CITTA’ DEL VATICANO – “Fermarsi e negoziare”. È la proposta – disarmante nella sua semplicità – di Papa Francesco al conflitto in Ucraina giunto ormai al 158esimo giorno. “Se si guardasse la realtà obiettivamente, considerando i danni che ogni giorno di guerra porta a quella popolazione ma anche al mondo intero, l’unica cosa ragionevole da fare sarebbe fermarsi e negoziare”, è il pensiero del Santo Padre che invoca la saggezza affinché “ispiri passi concreti di pace”.
Un pensiero – quello al popolo ucraino “aggredito e martoriato” – che non ha mai abbandonato il Pontefice. Nemmeno nei giorni in cui è stato in Canada. “Anche durante il viaggio non ho mai smesso di pregare”, ha confermato spiegando di aver chiesto a Dio di liberare Kiev “dal flagello della guerra”.
Sin dal primo giorno dell’invasione dell’Ucraina da parte dell’esercito di Mosca Bergoglio ha tentato in ogni modo di intercedere affinché si deponessero le armi in nome della diplomazia. L’unica strada non ancora tentata, finora, è quella che porterebbe il Santo Padre a Kiev. Un gesto ad alto valore simbolico che potrebbe sbloccare la situazione. Finora non è stato possibile, anche se il Santo Padre non desiste. “Io ho detto che in Ucraina vorrei andarci. Vediamo adesso cosa trovo quando arrivo a casa”, ha dichiarato sull’aereo che sabato lo ha riportato in Italia dal suo viaggio in Canada, pur ammettendo di non riuscire a mantenere lo stesso ritmo dei viaggi di prima per via della gamba dolorante.
Per il momento in agenda resta l’appuntamento in Kazakistan, a settembre. “È un viaggio tranquillo, senza tanto movimento, è un congresso di religioni”, ha spiegato. Lì probabilmente incontrerà Kirill – Patriarca di Mosca e di tutte le Russie, capo della Chiesa ortodossa russa e vicino al presidente Vladimir Putin – che in più occasioni ha legittimato l’invasione dell’Ucraina da parte dell’esercito russo, presentandola nei suoi sermoni come una battaglia “di portata metafisica” contro i valori rappresentati dall’Occidente. Lo stesso Papa nei mesi scorsi gli aveva ricordato che “la Chiesa non deve usare la lingua della politica, ma il linguaggio di Gesù” e che il Patriarca non può diventare “il chierichetto” di Putin.
Ma Papa Francesco in cuor suo sa che non è facile porre fine al conflitto. Invoca la saggezza e la ragionevolezza ma sa che il nemico, la “malattia pericolosa”, è “la cupidigia” che si nasconde dietro ogni guerra. “Pensiamo anche alle guerre e ai conflitti: quasi sempre c’entrano la brama di risorse e ricchezze. Quanti interessi ci sono dietro a una guerra! Di sicuro uno di questi è il commercio delle armi. Questo commercio è uno scandalo al quale non dobbiamo e non possiamo rassegnarci”.
di Giusi Brega