ROMA – Progressi “lenti ma concreti”. E’ Boris Johnson, uno degli alleati più stretti di Kiev, a confermare che l’avanzata russa nel Donbass prosegue. I costi in termini di vite sono altissimi. Per l’Onu le vittime civili dall’inizio della guerra sono già oltre 4 mila. A Severodonetsk, snodo cruciale per l’avanzata di Mosca, il sindaco parla di almeno 1.500 morti. La città è in mano ai russi per 2/3 ma la difesa “prosegue”, dice il governatore ucraino della regione di Lugansk. Per il leader di Kiev, Volodymyr Zelensky, l’intenzione di Mosca è quella di “ridurre in cenere” il Donbass e torna a parlare di “politica di genocidio” messa in atto dalla Russia nell’Ucraina orientale. Un pensiero condiviso anche da Joe Biden. Il presidente Usa descrive un Putin che non vuole solo conquistare l’Ucraina ma “cancellarne la cultura”. Tragedia anche a Dnipro dove un missile colpisce una caserma causando 10 morti e almeno 35 feriti.
Così come sul campo, dove non ci sono accenni di de-escalation, pure sul piano diplomatico non si registrano novità di rilievo. Mosca continua ad incolpare Kiev per il “congelamento” della trattativa ma, si lascia scappare un negoziatore, contatti di “basso profilo” sono in corso. Da Vladimir Putin, nel corso di un colloquio con il cancelliere austriaco, Karl Nehammer, arriva la disponibilità a discutere di un possibile scambio di prigionieri. Volodymyr Zelensky, invece, torna sulla necessità di un eventuale incontro al vertice con il capo del Cremlino dicendosi “non ansioso” di parlarci ma, allo stesso tempo, consapevole che prima o poi sarà “probabilmente necessario per porre fine alla guerra”. La Nato ammette che “al momento” non si vedono le “condizioni politiche” per giungere a un accordo. Questo, comunque, non cambia la posizione dell’Alleanza. “Daremo armi a Kiev fino a quando sarà necessario”, ribadisce il vicesegretario generale Mircea Geoana. Zelensky, insieme al presidente dell’Unione africana Macky Sall, interverrà al prossimo Coniglio Ue in programma il 30-31 maggio. Sul tavolo del summit il tema dello sblocco dei prodotti agricoli. Quella della crisi alimentare è una questione che diventa ogni giorno più centrale e, anche in questo campo, Mosca e Kiev si rimpallano le responsabilità. Per le autorità ucraine la Russia ha distribuito “tra le 400 e le 500 mine” nel mar Nero rendendo di fatto “impossibile” l’esportazione di merci dai porti. Completamente diversa la versione di Mosca. Secondo il presidente Putin è Kiev che deve sminare i porti “il prima possibile”.
di Andrea Capello