CITTA’ DEL VATICANO – La mediazione della Santa Sede con la Russia per tentare di porre fine al conflitto in Ucraina va avanti. “Il Vaticano non riposa mai”, assicura Papa Francesco che, però, non rivela altro. “Non posso dirvi i dettagli perché cesserebbero di essere sforzi diplomatici. Ma i tentativi non si fermeranno mai”.
La situazione è delicata. E, proprio per questo, il Santo Padre si mostra cauto. Non solo nelle parole, ma anche in quello che potrebbe essere un suo diretto coinvolgimento nelle trattative. Per questo motivo il tanto atteso incontro con il patriarca russo Kirill, previsto per giugno a Gerusalemme, al momento è stato “sospeso”. Una decisione, spiega, presa dal Vaticano. “La nostra diplomazia ha capito che un nostro incontro in questo momento potrebbe creare molta confusione”.
Impossibile non ricordare che il giorno della domenica delle Palme, mentre Papa Francesco lanciava un appello affinché “si ripongano le armi”, il patriarca di Mosca ne faceva un altro all’unità per respingere “i nemici interni ed esterni della Russia”. Una mossa che aveva causato la riprovazione di circa 400 preti ortodossi che ne avevano chiesto la messa al bando per le sue posizioni giudicate “eretiche”.
Due punti di vista evidentemente diversi. Ma Papa Francesco assicura: “Ho sempre promosso il dialogo interreligioso. Quando ero arcivescovo di Buenos Aires – ricorda in un’intervista al quotidiano argentino La Nacion – ho riunito cristiani, ebrei e musulmani in un dialogo fruttuoso. E’ stata una delle iniziative di cui sono più orgoglioso. E’ la stessa politica che promuovo in Vaticano”. E aggiunge: “Per me l’accordo è superiore al conflitto”.
Papa Francesco, che si è sempre detto disponibile a fare tutto ciò che è in suo potere affinché tacciano le armi, sa anche quanto la sua presenza a Kiev – chiesta più volte dal presidente ucraino Zelensky – potrebbe avere un effetto controproducente. Per questo anche il viaggio in Ucraina, al momento, non è sul tavolo. “Non posso fare nulla che metta a rischio obiettivi più elevati, che siano la fine della guerra, una tregua o, almeno, un corridoio umanitario”, ribadisce il Pontefice che si domanda: “A cosa servirebbe per il Papa andare a Kiev se la guerra continuasse il giorno successivo?”.
di Giusi Brega