BRUXELLES – “Gli ucraini sono pronti a morire per la prospettiva europea. Vogliamo che vivano con il sogno europeo”. Ursula von der Leyen, giacca gialla e camicia blu in onore del vessillo ucraino, ha annunciato il parere positivo della Commissione europea alla domanda di adesione avanzata dal governo di Kiev. Da Palazzo Berlaymont arriva un sì, dunque, alla concessione all’Ucraina dello status di paese candidato.
Una decisione che il presidente ucraino Zelensky definisce “storica” e che “sicuramente ci avvicinerà alla vittoria”. A Bruxelles luce verde anche allo status di candidato della Moldova, il paese che ha approfittato del passo di Kiev all’indomani dello scoppio del conflitto per avanzare la sua richiesta. In sala una giornalista moldava non trattiene l’emozione, a ricordare che lo stile di vita europeo è ancora un sogno ai confini del continente.
Ora la palla passa al Consiglio europeo della prossima settimana, dove servirà l’unanimità dei capi di Stato e di governo per aggiungere alla lista dei cinque paesi candidati Ucraina e Moldova. La Georgia invece dovrà attendere: la Commissione ha chiesto al Consiglio di riconoscerle la “prospettiva europea”, ma deve superare lo scenario politico polarizzato per ricevere l’ok allo status di candidato.
Per Kiev sarà l’inizio di un percorso lungo, che dovrà passare per la difficile tappa dell’apertura dei negoziati e poi della realizzazione degli obiettivi dei 30 capitoli. “L’Ucraina ha chiaramente dimostrato l’aspirazione e l’impegno del paese a essere all’altezza dei valori e degli standard europei”, ha spiegato la numero uno della Commissione.
“Già da otto anni si avvicinava gradualmente all’Unione. Grazie all’accordo di associazione del 2016, l’Ucraina ha già implementato circa il 70% delle norme e degli standard dell’Ue”, ha aggiunto von der Leyen, assicurando che la valutazione è stata scrupolosa, secondo tutti i criteri, come a giustificarsi per la celerità della decisione, rispetto alle richieste di adesione del passato. Anche se “è ovvio” che questo pronunciamento assume tutto un altro valore “in questo nuovo contesto geopolitico“, in cui “l’Europa ha anche rivalutato l’importanza della propria unità e di una politica più ampia”.
Anche sul fronte economico, prima dell’inizio della guerra, Kiev aveva “un solido livello di disavanzo del 2% e debito pubblico inferiore al 50%”. E ancora, a favore di Kiev, va la “legge coraggiosa contro gli oligarchi” e il rispetto dell’80% delle raccomandazioni della Commissione di Venezia del Consiglio d’Europa sui diritti fondamentali.
Il grande lavoro da fare ancora è quello sullo stato di diritto, in cui “l’Ucraina è lontana nella creazione delle istituzioni necessarie per il funzionamento efficace della magistratura e nel controllo dei pubblici ministeri”. La Commissione chiede alle autorità ucraine di adottare una legge sulle minoranze nazionali. Un messaggio molto chiaro verso il riconoscimento e la protezione della minoranza russofona, principalmente concentrata nel Donbass e nella Crimea, non più vista di buon occhio dal governo di Kiev dopo lo scoppio del conflitto con i separatisti filorussi nel 2014 e che era oggetto degli accordi di Minsk.
La proverbiale corruzione, su cui anche gli ucraini ironizzano – non ultimo con la serie interpretata da Zelensky attore – è certamente un punto debole, su cui sono stati fatti progressi, afferma von der Leyen. “Ci abbiamo sempre lavorato e infatti il popolo ucraino ha eletto il proprio governo solo perché volevano che combattesse contro la corruzione“, è l’assist lanciato al presidente ucraino. Insomma, “l’Ucraina merita una prospettiva europea”, fermo restando che resta molto da fare. Ma il conflitto, in questo caso, potrebbe rappresentare un reset, l’occasione giusta per plasmare un paese nuovo.
“È molto importante mantenere un legame tra il processo di ricostruzione e le riforme da fare”, ha spiegato un funzionario europeo. Non solo: la concessione dello status di candidato, così come il processo di adesione, possono subire un arretramento. C’è una reversibilità, anche se non è mai stata usata da parte di Bruxelles. E qualcuno, commenta una fonte Ue, sta pensando di usarla nei confronti della Serbia, che si è rifiutata fino a oggi di applicare le sanzioni Ue contro la Russia. Un paese, assieme all’Ungheria, che ammicca a Mosca, mentre si cerca di costruire la nuova Europa.(LaPresse)