Ucraina, Zelensky porta la guerra alla Camera, Genova come Mariupol. Draghi: “Sì ad armi e Kiev in Ue”

Foto Roberto Monaldo / LaPresse 22-03-2022 Roma Politica Camera dei Deputati - Incontro in videoconferenza con il Presidente d'Ucraina Volodymyr Zelensky Nella foto Volodymyr Zelensky durante l’intervento in aula

ROMA – Volodymyr Zelensky parla per undici minuti, ma gli bastano pochi secondi per far materializzare l’orrore nell’aula della Camera e ‘trasferire’ la guerra in Italia. In maniche di camicia, rigorosamente verde militare, il presidente ucraino si rivolge a deputati e senatori, al premier Mario Draghi e al suo Governo al gran completo e – soprattutto – al “caro popolo italiano”. E’ collegato da Kiev e vuole che la “devastazione” che ha sotto gli occhi da 26 giorni arrivi forte a chi lo ascolta.

Così fa subito un numero: 117. Sono i bambini uccisi. Erano 79 quando si era collegato con la piazza di pace di Firenze, sabato scorso. E se non nomina mai Vladimir Putin, ripete in più di un’occasione che “tutto questo è iniziato per una sola persona”. E’ “per una sola persona” che, come Zelensky dice anche a Papa Francesco nel corso di una telefonata tra i due, “il nostro popolo è diventato l’esercito”.

Il leader ucraino non politicizza troppo il suo intervento, non riporta l’Italia alla Resistenza contro l’invasore tedesco, non chiede – come fatto in collegamento con la House of Commons di Londra – di mettere in campo una no fly zone o di inviare nuove armi, non rimette al centro la possibile adesione di Kiev all’Ue. Nessuno strappo, nessuna fuga in avanti, insomma.

Solo diverse istantanee del dolore perché possa, quel dolore, diventare, ancora di più, collettivo e farsi motore di scelte difficili. “A Mariupol non c’è più niente, solo rovine – scandisce – immaginate una Genova completamente bruciata. Immaginate la vostra Genova da cui scappano persone a piedi, con le macchine, con i pullman”. E ancora: “Vi parlo da Kiev, che è come per voi Roma, un centro di cultura che ora ha bisogno di vivere in pace”.

Chiede nuove sanzioni e nuove pressioni su Mosca, perché “è una sola persona” che deve decidersi a volere la pace. Invece, sottolinea, non è solo contro l’Ucraina che è in guerra: “L’Ucraina è un cancello per l’esercito russo, loro vogliono entrare in Europa, ma la barbarie non deve entrare”, è l’appello, che precede il suo “gloria all’Ucraina e grazie all’Italia”.

Draghi, i ministri, deputati e senatori si alzano tutti in piedi e rivolgono a Zelensky un lungo applauso. Sono più timidi i pentastellati, si alza senza però battere le mani l’ex grillino Alessio Villarosa, ma l’aula dà prova di unità. Il premier, che ha seguito l’intervento fissando un tablet sui banchi del Governo, si rivolge a al presidente ucraino ringraziandolo “per la straordinaria testimonianza” e dicendosi ammirato per “il coraggio, la determinazione e il patriottismo” messi in campo dal leader e dai suoi cittadini.

Per il presidente del Consiglio l’un contro l’altro sono due soggetti diversi: “L’arroganza del Governo russo si è scontrata con la dignità del popolo ucraino”, sottolinea. Di più. “La resistenza di Mariupol, Kharkiv, Odessa, e di tutti i luoghi su cui si abbatte la ferocia del Presidente Putin – dice chiaro – è eroica. Oggi l’Ucraina non difende soltanto se stessa. Difende la nostra pace, la nostra libertà, la nostra sicurezza”.

Draghi mette in luce, poi, la solidarietà mostrata dagli italiani verso chi fugge. L’accoglienza, in questo caso, non è un tema divisivo e il premier può senza timori dirsi pronto a fare di più. Anche sulle sanzioni e sul lavoro messo in campo dal Governo per diversificare le fonti di approvvigionamento energetico in modo da superare “in tempi rapidi” la dipendenza italiana da Mosca, l’inquilino di palazzo Chigi si mostra determinato. Non solo però. L’ex numero uno Bce usa parole chiaro anche sul processo di ingresso dell’Ucraina nell’Unione Europea.

Il percorso è “lungo” e le riforme richieste per garantire un’integrazione funzionante “necessarie”, ma – scandisce – l’Italia vuole l’Ucraina nell’Unione Europea”. Da un lato, è la linea netta che traccia, ci sono “l’orrore e la violenza” e dall’altro ” i diritti umani e civili, i valori democratici”. Ecco perché – ed è qui che Draghi si espone ai distinguo della sua stessa maggioranza – l’Italia è pronta a rispondere ai “massacri” con gli aiuti, “anche militari, alla resistenza”.

Il premier incassa dall’aula dieci applausi unanimi, ma su armi e adesioni Ue in realtà, quando il videocollegamento con Kiev si chiude, le differenze restano eccome. “Sono favorevole a aiutare in tutti i modi l’Ucraina e Zelensky contro l’invasione. Non sono favorevole all’ingresso dell’Ucraina nella Ue”, ribadisce Carlo Calenda.

“Quando si parla di armi fatico ad applaudire, quando si parla di pace sono felice. La risposta militare e una risposta sbagliata”, dice Matteo Salvini e anche il M5S è in fibrillazione per quel che riguarda le spese per la difesa e l’invio di armi. A far discutere, poi, sono le oltre 350 assenze. Erano annunciate quelle degli ex pentastellati di Alternativa, poche e mirate quelle del Carroccio, ma anche tra le fila M5S sono diversi i parlamentari a non presentarsi in aula per il videocollegamento. “Vengo, non vengo ad ascoltare #Zalensky. Indecoroso balletto. Disonorevole scelta”, sentenzia su Twitter Enrico Letta.(LaPresse)

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