STRASBURGO (FRANCIA) – “Ciò di cui abbiamo bisogno è l’Unione europea della difesa”. E’ stato uno dei punti qualificanti del discorso sullo stato dell’Unione pronunciato dalla presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, alla plenaria del Parlamento europeo. Non si tratta solo di creare una forza di intervento rapido, che qualcuno, semplificando, ha ribattezzato esercito europeo.
Il riferimento a un corpo militare Ue, con i dettagli che ci si aspettava, non c’è stato nel discorso. Ma di certo un piano per rafforzare la difesa comune incentrato su più assi. A cominciare dalla creazione di un centro di intelligence, una sorta di Fbi europeo, per mettere in comune una “conoscenza situazionale”, come l’ha definita von der Leyen. “Se gli Stati membri attivi nella stessa regione non condividono le loro informazioni a livello europeo, siamo destinati a fallire. È essenziale quindi migliorare la cooperazione in materia di intelligence; non si tratta solo di intelligence in senso stretto, ma della necessità di accorpare le conoscenze provenienti da tutti i servizi e da tutte le fonti”, ha detto.
E poi c’è il tema degli attacchi informatici e della cyberdifesa, su cui la Commissione si impegna a varare norme comuni nel quadro di una nuova legge europea sulla cyberresilienza. Infine, l’aspetto dell’interoperabilità, con gli investimenti già in corso in piattaforme comuni europee, dai jet da combattimento ai droni e alla cibernetica e la possibilità di considerare l’esenzione dall’Iva per l’acquisto di materiale di difesa sviluppato e prodotto in Europa.
Von der Leyen ha fatto riferimento alle varie discussioni che ci sono state nelle ultime settimane sul tipo di “forze di spedizione” da creare: “gruppi tattici (Battlegroup) o forze di intervento dell’Ue”. “La questione fondamentale, però, è il motivo per cui in passato ciò non ha funzionato. Si possono avere le forze più avanzate al mondo, ma se non si è mai pronti a utilizzarle, qual è la loro utilità? Ciò che ci ha frenato finora non è solo una carenza di capacità: è la mancanza di volontà politica”, ha rimarcato.
Fonti della Commissione ribadiscono che la nuova forza potrebbe essere il potenziamento dei gruppi (Battlegroups) dell’Ue creati nel 2007 ma mai utilizzati in teatri di operazioni di guerra e che ora potrebbero costituire il “nucleo chiave” di una forza di intervento rapido Ue. In ogni caso “non si tratterà di un ‘esercito europeo’ nuovo di zecca”.
Le truppe per le operazioni militari dell’Ue, inclusa una futura forza di ingresso iniziale, saranno fornite dagli Stati membri. Non indosseranno insomma la divisa Ue. “Attualmente non si discute sulla creazione di un esercito europeo”, spiegano da Bruxelles. Le truppe “si allenerebbero e si eserciterebbero insieme al fine di condurre solide operazioni militari guidate dall’Ue e reagire rapidamente alle crisi emergenti”, continua la portavoce della Commissione.
Ed è proprio questo l’obiettivo ultimo dell’Ue. Evitare di trovarsi impotenti e subire le scelte altrui come accaduto dopo la brusca ritirata degli Usa dall’Afghanistan. “Non perché si tratti di costruire un’alternativa alla Nato, assolutamente, ma perché in alcune aree Mediterraneo, Balcani, Africa, Medio Oriente, non avremo più una presenza continua degli Stati Uniti come quella che abbiamo avuto per decenni, nel dopoguerra”.
Anche von der Leyen si è affrettata a dire che l’intenzione non è aggirare il ruolo della Nato. Anzi ha detto che la Commissione sta lavorando con il segretario generale Jens Stoltenberg a una nuova dichiarazione congiunta Ue-Nato da presentare entro la fine dell’anno. Non solo: durante la presidenza del Consiglio dell’Ue francese von der Leyen convocherà con il presidente Emmanuel Macron un vertice sulla difesa europea. “L’Europa – ha rimarcato la presidente – può essere in grado e avere la volontà di fare di più in autonomia. L’Unione europea è un garante della sicurezza unico nel suo genere. Vi saranno missioni in cui la Nato e l’Onu non saranno presenti, ma a cui l’Ue dovrebbe partecipare”.(LaPresse)