Una lite prima dell’omicidio Il 35enne attirato in trappola

Qualcuno lo ha accompagnato in via Luca Pacioli

NAPOLI – Frequentava Ponticelli. Ma questo non significa che sia stato assassinato per la faida. Anzi. Non ci sono collegamenti con personaggi di primo piano delle cosche in guerra. E’ in sintesi il punto a 24 ore dall’omicidio di Gennaro Matteo. Le indagini dei carabinieri sono in salita: nessun testimone. Escludono che sia stato ucciso altrove e portato lì. Certi che quello sia il punto esatto, dove i killer hanno fatto fuoco. Ma non ci sono bossoli. Una sorta di ‘giallo’. Ambulanza e pattuglie sono arrivate dopo minuti e chi era sul posto ha avuto il tempo, per rimuovere le tracce. Forse non tutte. Ci lavorano i militari della compagnia di Poggioreale. Di più. Alle 21 in via Luca Pacioli c’erano i familiari del 35enne di Portici. Ma è stata inutile la corsa con una ambulanza all’ospedale del Mare. Residente a Portici. Soprannominato ’u pavon. Mancano molti tasselli per completare il puzzle. Con chi era venerdì sera? Perché il commando ha fatto fuoco dieci volte? C’è stata una lite? Hanno sparato per uccidere. E sembra una esecuzione. “Quello è il luogo dell’appuntamento – riflette un investigatore esperto – o qualcuno lo ha accompagnato in quel punto. Una trappola. In una zona isolata. Anche l’orario, le 21, indica un disegno ben preciso”. Insomma pare che tutto sia stati studiato nei dettagli. Ecco perché i militari da ieri scandagliano i tabulati telefonici: cercano di carpire gli ultimi contatti al cellulare. Se qualcuno gli ha teso una imboscata, deve averlo chiamato nel pomeriggio. Lo sperano gli inquirenti. Gennaro Matteo non è vicino a cartelli criminali. Gli investigatori hanno dovuto spolverare gli archivi. Nel dicembre 2015 fu fermato dai carabinieri con altre due persone in una Fiat Panda proprio a Ponticelli. Avevano una pistola e una grossa somma di denaro. In via Vera Lombardi. I militari dopo un breve inseguimento bloccarono uno degli altri due e gli sequestrarono un borsello con la semiautomatica calibro 7,65 con matricola abrasa, caricatore e 9 cartucce, un oggetto che sembrava una carta di credito, ma che in realtà era un insidioso coltello con lama di 9 centimetri, la somma di 5.155 in banconote di vario taglio. Mentre Gennaro Matteo fu trovato con 1.055 euro in banconote di vario taglio, in un borsello nero. Poi il buio. Da quel momento le forze dell’ordine perdono le tracce del 35enne. Ed è su questo arco temporale che la Procura ha acceso i riflettori. Cosa ha fatto fino ad oggi? Chi ha frequentato? Perché andava a Ponticelli? Sono le domande, che si pongono i carabinieri. Di certo qui c’è una faida, che si trascina da mesi. Ed è uno scenario che gli inquirenti non possono escludere. Almeno per il momento. E che stanno valutando. Ponticelli è un quartiere ‘polveriera’, così lo definiscono gli investigatori. ‘Sotto osservazione’ da oltre un anno. Dopo una battaglia combattuta con armi non convenzionali. C’è anche stanchezza. Da una parte e dall’altra. I clan cercano l’affondo, il colpo per chiudere la partita. Qui c’è una sorta di guerra urbana. Uno scontro tra più rioni. E il rischio escalation è concreto. Ma qualcosa è cambiato dopo l’ordigno esploso nella notte del 29 settembre in via Piscettaro, nel bunker dei ‘Bodo’.

Secondo gli investigatori, quell’ordigno era un messaggio intimidatorio indirizzato ai De Micco (sono ancora in corso indagini). In buona sostanza dove non arrivano i proiettili, si lanciano le bombe. E poco tempo fa un gruppo di fuoco è ‘sceso’ al rione De Gasperi e ha percorso il viale delle palazzine a velocità ridotta, per farsi notare dagli abitanti. Un ‘gioco di presenza’: per dire ‘qui comandiamo noi’. E’ la sintesi della polizia, che ha ricevuto la segnalazione dagli abitanti. Erano tre grossi scooter. Alle 19 in punto. Non hanno sparato, ma probabilmente i centauri erano armati. A guidare la ‘paranza’ in moto c’era un gruppo vicino ai De Micco-De Martino. Lo seguivano altri due veicoli a distanza. Un messaggio ai ‘pazzignani’ imparentati con i Sarno ed ex alleati dei De Luca Bossa.

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